OLTRE LA CRONACA - BOLOGNA: UNA STORIA METROPOLITANA COME TANTE



Le città e le metropoli

Il tema del disagio abitativo, negli ultimi anni, ha assunto proporzioni tali da mettere in crisi il concetto stesso di edilizia popolare. Questo è stato possibile a causa delle disattenzioni da parte delle politiche territoriali locali, che non hanno saputo leggere le trasformazioni prodotte dalla crisi economica.


La prospettiva di una soluzione strutturale al disagio abitativo impone l’elaborazione di politiche per la casa in cui il soggetto pubblico assuma un nuovo ruolo di regia, promuovendo politiche integrate che realizzino un sistema finalizzato a sperimentazioni finora quasi inesplorate. Questo perchè la domanda abitativa si combina con altri tipi di richieste: inserimento sociale, ricerca di un lavoro, supporto e assistenza socio-sanitaria alle persone...


Per rispondere in modo adeguato a domande così diversificate vi è la necessità d’interventi di edilizia sociale che tocchino diverse dimensioni e promuovino una serie di azioni che aiutino ad uscire dalla situazione di difficoltà. La vecchia logica degli IACP (Istituti Autonomi Case Popolari) che in ogni città cambiano di denomionazione ma non di contenuto, non rispondono più ai bisogni reali e alle trasformazioni in corso.
 

Non è possibile cioè pensare che la dimensione abitativa non sia collegata alle altre dimensioni della vita sociale, sia in termini di bisogni fisiologici, prendendo come riferimento la piramide di Maslow, cioè mangiare, dormire e guadagnare, come anche agli altri bisogni della scala piramidale: bisogni sociali e bisogni del sè.
Il sistema dei bisogni nel rapporto tra individuo e corpo collettivo, in Italia, in una situazione di depressione economica e conseguenzialmente culturale, trova, insomma, un sistema di welfare impreparato alla nuova situazione collettiva, per cui i costi sociali restano altissimi ed il comparto pubblico diventa incapace di poterli gestire. Questa deriva amplifica l’isolamento degli individui che devono gestire da soli i costi sociali, i quali tracimano, appunto, la loro dimensione personale, creando sacche di emarginazione tendenti ad essere canalizzate in grandi agglomerati-ghetto.

La storia di seguito raccontata è un modello esplicativo della realtà italiana di oggi, costruita sul concetto di assenza di società e di sociale, dove il modello pubblico ha fallito i suoi compiti in un paese ridotto in macerie, per il semplice fatto che il 10 per cento della popolazione detiene il 56 per cento delle risorse economiche. Questo non è più un modello di società come ce la volevano far passare i padri della civiltà liberale, su cui si reggono le istituzioni rappresentative italiane. Questo è un modello anomico che produce cannibalismo sociale...
 

PARTE PRIMA

20 ottobre 2015


Avviato lo sgombero di uno stabile occupato da famiglie indigenti...
 
Uno edificio dell'ex Telecom occupato in via Fioravanti a Bologna. Ottanta famiglie, con bambini, giovani, donne, anziani... In tutto circa 280 persone. Sono famiglie italiane e famiglie migranti, accomunati da un unico destino: l'indigenza... Sono lì dal dicembre scorso, cercando di vivere la loro vita dignitosamente, proprio di fronte al nuovo palazzo che ospita gli uffici amministrativi del Comune.
 
Alle 7,00 circa di stamattina, duecento tra poliziotti e carabinieri in tenuta antisommossa hanno circondato l'abitato per effettuare lo sgombero, cosi come decretato dal Tribunale del riesame nel marzo scorso. Mentre i blindati chiudevano le strade di accesso i giovani occupanti salivano sul tetto, ostentando la loro protesta, mentre i bambini, che non sono andati a scuola per restare asserragliati con i loro genitori, si affacciavano dalla finestra per assistere a quello che succedeva da basso.
Nel frattempo giovani dei centri sociali confluivano in via Fioravanti come forma di protesta, bloccati da un cordone della polizia. Nel giro di un'ora lanci di oggetti vari verso la polizia creavano qualche tafferuglio, e un paio di manifestanti restavano leggermente feriti.

Mentre dagli uffici del Comune di fronte l'Assessora al Welfare Frascaroli assisteva allo svolgersi della situazione, e alcuni compagni di classe dei bambini occcupanti, insieme ai loro insegnanti, assistevano alla operazione delle forze dell'ordine, i servizi sociali del comune insieme alla polizia municipale avviavano una mediazione con gli occupanti.
 
Ma la giornata si prospetta molto lunga in quella strada di Bologna...
 
 
PARTE SECONDA

21 ottobre 2015


Le famiglie sono state sgomberate, "la legalità è ripristinata"...!


Le 280 persone che vivono in stato di indigenza, famiglie, giovani, bambini, anziani, che per sei mesi hanno occupato lo stabile dell'ex Telecom di Bologna, sono stati evacuati nei dormitori cittadini, e lo sgombero voluto dal Tribunale è stato reso esecutivo.

La "legalità" dunque è stata garantita. Bologna si è svegliata stamattina più rassicurata, perché le famiglie con bambini e singoli, italiani e migranti, che vivevano dignitosamente in uno stabile occupato, ora possono tornare alla loro precarietà... Del resto questo è il loro destino: sono poveri che lo restino senza dare fastidio, senza farsi sentire, perché alla città più progressista d'Italia, quella dei funzionari pubblici che vanno a lavoro in Suv, questa storia, diciamolo, ha annoiato non poco...

Erano una ottantina le famiglie che hanno vissuto un'esperienza comunitaria ma "abusiva" proprio davanti al Palazzo del Comune di Liber Paradisus, quel comune che vanta di una "ineluttabile" tradizione di sinistra... Che paradosso! E come stridevano queste realtà contrapposte. Se qualcuno ieri si fosse aggirato tra quegli uffici, avrebbe visto dipendenti e funzionari davvero irritati da quella caciara che arrivava dal tetto dell'ex Telecom o dalle urla dei giovani antagonisti che difendevano le ragioni dei "poveri"...
 
La "legalità" è ristabilita e tutti possono tornare alla loro quotidianità, senza pensare che una città civile, dal respiro internazionale, come Bologna, debba necessariamente trovare delle soluzioni avanzate alle criticità territoriali. Si perché, forse il punto è questo e cioè che sforzarsi di pensare a progettazioni territoriali slegate dalle abitudini culturali sclerotizzate, ma forse anche dalle rendite di posizione del semplice funzionario o dell'alto dirigente del comparto pubblico, è faticoso, è dispendioso, non conviene...
 
Intanto Bologna, al di là del grande patrimonio pubblico inutilizzato, al di là del fatto che l'Ente che gestisce l'edilizia popolare è in perdita di milioni di euro, e nessuno sa spiegare il perché, non riesce a sfornare una che sia una idea progettuale in linea con le programmazioni delle grandi città europee, che hanno rivitalizzato settori produttivi, quartieri disagiati, hanno creato villaggi ecosostenibili, hanno valorizzato il modello di comunità legato al Co-housing sociale. Certo, qui non siamo a Stoccolma, dove questa estate il sindaco ha deciso di rinunciare alle olimpiadi per destinare quei soldi alla costruzione di edifici per i meno abbienti... Ci mancherebbe, qui siamo in Italia...
Quanto meno però cercare di contestualizzare il concetto di legalità sarebbe opportuno, dato che se proprio dobbiamo utilizzare questo termine, le prime ad essere illegali, forse, sono proprio le istituzioni, dato che il diritto al lavoro e alla casa dovrebbero essere garantiti dalla Costituzione italiana... O no?
 
 
 
 
Foto credit Radio Cento Mondi

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