Un
senegalese inseguito cade senza vita su una sua chiazza di sangue: continua la lotta
ai poveri e non alla povertà.
di Marco Marano
Bologna, 4 maggio 2017 – “E’ di questa mattina l’operazione del
Gruppo Centro volta a contrastare il
commercio abusivo su area pubblica su Ponte Fabricio #municipio1. Sei i sequestri amministrativi, per un totale di circa trentamila euro di sanzioni. La vendita
di borse e portafogli veniva effettuata su lenzuola distese in terra che, oltre a rappresentare un illecito per
assenza di titoli autorizzativi, risultava dannosa anche dal punto di vista del
decoro urbano in un sito sottoposto a
vincolo paesaggistico. L’intervento, svolto da agenti in borghese, ha consentito
di ripristinare l’ordine in un'area in
cui abitualmente avviene un commercio illegale di merce di vario genere.”
Questo comunicato è apparso ieri sulla pagina facebook del Corpo di Polizia
Locale di Roma Capitale. Non una parola sul fatto che in seguito a quella
operazione di “decoro urbano” un uomo è morto in circostanze poco chiare. E’ una di quelle storie tipica del contesto italiano dell’oggi, in cui i
concetti di umanità, legalità, civiltà sono stati ricodificati per essere
funzionali alle aspettative liberticide di quei pezzi di popolo pronti a
sbranare il proprio stesso vicino, distratti dalle
endemiche storture, interessi e incapacità della propria classe dirigente.
Una morte senza spiegazioni
Chissà cosa avrà pensato Nian,
quell’uomo senegalese di 53 anni che vendeva borse sul lungo Tevere, quando in
solitudine si accasciava per terra e moriva. Lui che, con i soldi che guadagnava, doveva mantenere tre figli, due in
Italia e uno in Senegal. Forse il suo ultimo pensiero lo ha rivolto proprio
alla sua famiglia… E’ morto in modo
misterioso Nian, sicuramente è stato
inseguito dalla polizia locale di Roma capitale e forse anche dai falchi, poiché
chi lo ha perseguitato era anche in borghese. Sicuramente era ferito, tanto da lasciare una grande macchia
di sangue per terra, dove il suo corpo è crollato.
Le due opposte versioni
Ma allora com’è morto Niam? Le due opposte versioni ci
raccontano di una giornata diversa tra
inseguitori e inseguiti. I primi, la polizia locale, si tirano fuori da
ogni responsabilità e sottolineano che è
morto d’infarto, dopo la fuga. E la chiazza di sangue come si spiega? I
suoi concittadini senegalesi affermano invece che Niam sia stato inseguito, investito da un mezzo della polizia locale: per questo ha
sbattuto la testa. Certo, in quel caso, si presume che sarebbe stato fermato dai vigili
investitori, almeno a rigor di logica… Invece pur essendo ferito Niam ha
continuato la sua fuga fin quando è crollato…
Le proteste della comunità senegalese
La comunità senegalese dopo la morte di Niam ha inscenato un
corteo improvvisato per protestare contro la “repressione del decoro”, e hanno desistito dopo le manganellate
ricevute dalla polizia. C’è stato poi il fermo di un ragazzo che stava
raccontando ai cronisti come sarebbero andate le cose in quella giornata di
pena.
Una lotta contro i poveri ma non contro la povertà
Una cosa, in questa storia ignobile italiana, appare
chiara, che il decreto Minniti/Orlando sulla sicurezza ha istituzionalizzato: i cittadini migranti non hanno più gli
stessi diritti dei cittadini italiani, così come sancito dalla costituzione
repubblicana. Questa è oramai una realtà con cui si deve fare i conti. Al
di là di glorificarsi del fatto che una “operazione in grande stile”, abbia salvaguardato la legalità contro dei poveri
cristi che non hanno di che campare, oltre che ipocrita è assente di
umanità. Che poi al concetto di legalità si offra anche quello del decoro significa connotare degli esseri umani,
per la loro condizione sociale, di non essere decorosi: altra norma
costituzionale che viene esautorata. Infine, ma non da ultimo, questa è l'ennesima prova certa che le politiche sociali italiane non hanno nessun interesse a lottare contro la povertà ma si scagliano contro i
poveri.
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