di
Marco Marano
Una
marea umana invade Bologna rivendicando un altro modello sociale.
Bologna,
10 settembre 2017 – I numeri contano poco innanzi a quello
che è successo ieri nel centro di Bologna. Migliaia di
persone arrabbiate e sorridenti, ribelli verso un modello di
organizzazione sociale costruito sugli interessi di pochi, hanno
inscenato una gigantesca protesta
creativa. Tantissimi giovani, studenti,
famiglie con i loro piccoli che si divertivano a giocare in
nome di Làbas, quel luogo di sperimentazione urbana sgomberato l'8
agosto dall'ex caserma Masini, contemporaneamente all'altro Centro
laboratoriale Crash. Sgomberi attivati con la violenza d'una
repressione poliziesca oramai prassi in Italia, in nome del
decoro e della legalità, costruite ad arte.
I
resistenti alla sinistra di destra
C'erano
le sigle di quella sinistra
che non può identificarsi con i partiti istituzionali,
in preda alla follia nichilista del neoliberismo e alle svolte di
destra: organizzazioni di base, sindacati autonomi. Ma soprattutto
c'erano le esperienze sparse, un po' dappertutto in Italia, che
rivendicano accoglienza
degna per quelli considerati dalle
oligarchie scarti
della società:
dal Baobab
Experience di Roma a Casa Madiba di Rimini fino a Città Migrante di
Reggio Emilia. Naturalmente i pulman arrivati da fuori sono stati
accuratamente perquisiti uno per uno e le persone dettagliatamente
fotografate. I
codici Minniti hanno sostituito la legge Reale degli anni settanta.
La
paura dei negozianti
"Ogni
città riceve la sua forma dal deserto a cui si oppone", era
questo lo slogan che campeggiava in mezzo al corteo. Una chiave di
lettura di questa "ribellione
delle anime" che
ha travolto ieri una città annichilita dallo shopping del sabato.
Durante lo svolgimento del corteo guardava sgomenta queste "anime
ribelli", non aspettandosi mai di vedere così tanta e variegata
gente. Molti
negozianti mostravano
i visi preoccupati, erano barricati dentro le loro
botteghe, come se da un
momento all'altro dovesse succedere l'apocalisse. Una scena in
particolare ci ha colpito: un gruppo di ragazzi con le loro magliette
uguali, si dirigono verso una enoteca per prendere qualcosa da bere.
Un uomo dietro la vetrata appena li vede arrivare chiude
immediatamente a chiave. Loro, iniziano a ridere a più non posso,
cercando di spiegare che volevano soltanto bere...
Ripartire
dal basso
L'attore
Alessandro Bergonzoni, dalla vettura dove era montata la fonica
in piazza XX Settembre, ha sottolineato l'aspetto proprio ai
significati della grande esperienza umana di ieri a Bologna. Ha
parlato di "Bene Comune", ironizzando con
Palazzo d'Accursio, poiché la riappropriazione dello spazio
pubblico, come bene della collettività nelle
città dell'oggi, non può che ripartire dal basso, dai cittadini
stessi, i quali autoproducono risposte ai bisogni che le
amministrazioni comunali neoliberiste non hanno interesse a
soddisfare. Questa concezione è l'unica a poter essere
vincente contro l'abisso. E la notizia che il sindaco di Bologna
Merola abbia proposto una location per Làbas, si parla di Vicolo
Bolognetti, come sede di passaggio in attesa che l'ex caserma Masini
venga ristrutturata, almeno lascia ben sperare.
In
tal senso vi è tutta la dimensione politica di quello che Làbas
significa e cioè riportare
la città ai cittadini,
considerati nella logica aziendale, utenti e non anime, persone,
esseri. I cittadini che si riappropriano della città, in quanto
luogo pubblico, rappresenta il più efficace esorcismo contro il
nuovo fascismo, sdoganato dalla svolta di destra del Partito
democratico. Ecco che l'altro modello
di città deve ripartire da una diversa visione collettiva che
il piano urbano di Bologna, il POC, Piano Operativo Comunale,
non prevede assolutamente e di cui le donne e gli uomini di Làbas
vogliono chiederne la ridefinizione.
Credits
Marco Marano
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