di Marco Marano
Sostenuti
militarmente dagli USA e osteggiati da Turchia, Russia, Iran e governo siriano,
il popolo kurdo continua a combattere sul campo, per la propria indipendenza.
Bologna,
18 settembre 2017
– Il 22 settembre 2017 nei tre cantoni della Federazione Democratica della Sira
settentrionale, si terranno le consultazioni per l’elezione dei Co-Presidenti
comunali, secondo quanto dichiarato dall’Assemblea Costituente della stessa federazione.
Il modello di democrazia dal basso del Rojava si è dall’inizio caratterizzato
per il protagonismo delle istanze femminili, al centro dell’assetto
istituzionale. Ecco perché saranno migliaia le donne che si candideranno a
questa tornata elettorale.
Nel frattempo la guerra per procura in Siria,
ufficialmente contro l’Isis, non si ferma. Le Forze Democratiche Siriane (SDF),
una fortissima milizia prevalentemente strutturata dal popolo kurdo, ma che
vede al suo interno anche varie etnie arabe, continuano ad avanzare e togliere terreno all’Isis, sia a Raqqa che
a Deir ez-Zor, i due fronti di guerra più accessi. Ma sulle SDA
piovono gli attacchi militari, soprattutto dalla Turchia.
Un processo elettorale partecipato
"Tutti
vogliono partecipare al successo del
federalismo democratico nel nord della Siria, a partire dalla formazione
dei comuni, che sono il nucleo fondamentale del modello e dell'organizzazione della democrazia diretta". Ruken Mullah Ibrahim è la
co-presidente della commissione elettorale, del Cantone Cizire. In un’intervista all’agenzia di stampa Hawar News Agency, spiega come la
partecipazione del popolo kurdo al nuovo
processo elettorale sia stato massiccio, soprattutto da parte delle donne. Sono
3.372 le donne candidate per 2.467 comuni. "Anche se siamo ai primi esperimenti per formare un
sistema di federalismo democratico, - sottolinea Ruken Mullah Ibrahim
- non abbiamo affrontato grandi difficoltà
che ostacolano la condotta del processo elettorale”. Il controllo
sull’andamento della tornata elettorale sarà affidato all’Ufficio dei diritti
dell'uomo del cantone.
Il
modello confederale nord siriano in maggioranza abitato da kurdi, vede la presenza di altre
etnie arabe che ormai si sono omogeneizzate nel rispetto delle minoranze, dei diritti delle donne e dei valori democratici. Se il Rojava, cioè
la prima autonomia kurda nel nord della Siria, fu laboratorio di
questa nuova democrazia dal basso,
c’è da dire che nel contesto del Medio Oriente, governato da dittatori e
autocrati, questo modello ha tutti
contro. Innanzitutto la Turchia di
Erdogan, acerrimo nemico dell’indipendenza kurda, sia per le sue questioni
interne, che per il fatto che la zona settentrionale della Siria è per lui
strategica, in termini geografici e di risorse. Dal confine turco-siriano per
anni sono passati armi, petrolio di
contrabbando e Foreign
Fighters: si trattava dei traffici tra l’Isis e i
servizi turchi. Così, mentre gli Stati Uniti, supportano l’azione militare
delle SDF a Raqqa e Deir
ez-Zor, la Turchia gli muove guerra
nella striscia di confine tra est e ovest, in piena Siria del nord. Tra veri e
propri assalti e “scaramucce” il controllo militare dell’area è affidato alle
HPG kurde che proprio l’altro ieri hanno ucciso tre soldati turchi e fatto
diversi feriti a Sirnak. Per risposta l’esercito turco ha bombardato diverse
aree della montagna di Cudi nelle cui pendici sorge la città.
Ma questa si sa è la guerra dei paradossi.
Si, perché secondo l’accordo di Astana
sulla “de-escalation” è prevista la cessazione delle ostilità
tra gruppi anti-governativi e forze che combattono per conto di Bashar al-Assad.
Quattro sono le zone di de-escalation in aree prevalentemente contenute dalle
opposizioni al regime siriano: Eastern Ghouta e le province di Idlib, Homs,
Latakia, Aleppo e Hama. Russia, Turchia e Iran
fanno garanti. Ottima opportunità questa
per il sultano Erdogan, cioè di intensificare la presenza militare nel nord della Siria, al
fine di distruggere le mire autonomiste e democratiche del popolo kurdo.
Domenica, ben 80 veicoli militari, compresi i carri armati, hanno varcato il confine,
secondo quanto trasmesso dall’agenzia Anadolu. Gli automezzi sono stati inviati nella provincia sud-est di Hatay, mentre un
convoglio di veicoli corazzati si è diretto alla frontiera con la Turchia di Cilvegozu, nella zona di Bab al-Hawa e
a Rihaniyah. Convogli, che a sentire
le testimonianze sul campo, sarebbero rimasti in quelle zone mentre avrebbero
dovuto raggiungere le aree di de-escalation.
Attacchi e incursioni
Intanto a
Raqqa l’offensiva delle SDF contro l’Isis procede inesorabile. Durante gli scontri di sabato sono stati uccisi 32
membri dello Stato islamico. I quartieri della città interessati ai
combattimenti sono stati Al-Amin, Al-Hena, Al-Nehda e Al-Rawda. E’ stato preso l’ospedale
strategico di Muwasa, mentre ieri sempre le SDF, nel quartiere di Al-Nahda,
sono riuscite a salvare dall’Isis 45
persone destinate a fare da scudi umani.
Infine proprio a Deir ez-Zor, nel nord-est, sabato, sei soldati delle SDF sono rimasti feriti in seguito ad un raid aereo, presumibilmente effettuato
dall’aviazione russa, che ha negato ogni responsabilità. Il maggiore generale
Igor Konashenkov, ha voluto sottolineare che il piano d’attacco era stato preventivamente presentato al comando
statunitense.
Fonti: Al-Jazeera, ANF
News, ANHA News.
Credits: Reuters, AP, ANF News
Commenti
Posta un commento