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Il primo assassinio fascista nella Grecia agonizzante

   AFP     Pavlos Fyssas viveva al Pireo, che per chi conosce Atene, è una città nella città, quasi 180 mila abitanti, con una sua identità molto forte rispetto al resto della capitale greca, non solo perché lì vi è il terzo porto più grande del mondo, il primo in Europa, o perché c’è la squadra dell’Olimpiakos, che ha sempre ben figurato nello scenario internazionale, ma perché c’è un senso di appartenenza ben radicato. Solitamente ad una persona che nasce lì, quando gli viene chiesto da quale città proviene, non risponde Atene ma Pireo. La prossimità alla capitale è dimensionata da un dedalo di sobborghi senza continuità con il centro di Atene, dando il senso di un territorio staccato dal resto della città. E da una di queste zone proveniva Pavlov, Amfiali, nel sobborgo di Keratsini. A 34 anni era abbastanza conosciuto nel suo quartiere perché era artefice di manifestazioni ed eventi, come anche in altre zone della città, dove poteva far conflu...

IL MODELLO TURCO E LA LIBERTA' DI ESPRESSIONE

Reuters Le proteste di massa dell’estate 2013, che hanno visto il popolo turco sfidare il governo del primo ministro Erdogan, sembravano cadute nell’oblio dopo gli sgomberi di piazza Taksim, divenuta nuovo simbolo delle proteste popolari. Se all’inizio i motivi delle contestazioni erano legati ad un parco da demolire per farvi un supermercato, le nuove mobilitazioni hanno preso vita in seguito alla morte di un giovane di 22 anni, colpito alla testa da un candelotto, durante una manifestazione. Sia la prima che la seconda volta il capo del governo ha voluto usare la mano pesante sui manifestanti, stigmatizzati come terroristi, utilizzando strumenti e metodologie antisommossa estremamente violenti, tanto da dover subire i richiami dei paesi europei, sulla libertà di manifestazione. C’è da riflettere sul fatto che la Turchia sia una democrazia presidenziale, dove il popolo ha eletto un governo legato alla dimensione islamica. Erdogan è a capo di un partito epigono dei Fr...

Kiev, Tunisi, Parigi: il movimento Femen nell’epoca delle crisi internazionali

  Foto AFP              Era il 2008 quando in Ucraina nacque Femen, un movimento di giovani donne con l’intento di scagliarsi contro la situazione di genere in Ucraina, dal turismo sessuale alla subalternità maschile. Anna Hustol, la fondatrice, fu spinta a denunciare, inizialmente, le condizioni di molte ragazze fatte arrivare con l’inganno in varie parti d’Europa, e costrette a prostituirsi. In quel periodo Lehman Brothers era già fallita e il mondo occidentale scopriva improvvisamente di essere imploso, dato che la crisi economica si era già diffusa come una epidemia. A Kiev, questo gruppo di ragazze iniziava a far parlare di se per il suo originale modo di protestare, esponendo i seni sui quali venivano scritti gli slogan della protesta. Erano, e sono, veri e propri raid, che il più delle volte lasciano di sorpresa organizzatori e sicurezza.      Se la   lotta al sessismo e alle discriminazioni sono i due cavalli di battaglia tematici,...

La dottrina della linea rossa nel labirinto dei segni

 Foto Ansa                 Secondo l’ONU la guerra civile in Siria rappresenta la peggiore crisi del ventunesimo secolo, e i numeri parlano chiaro: centomila morti, tra eserciti in campo e popolazione inerme, tra cui ovviamente donne e bambini. Due milioni di profughi in paesi esteri limitrofi: prevalentemente Libano, Giordania, Turchia e Iraq, tra questi ovviamente ci sono coloro che arrivano con i barconi sulle spiagge siciliane e calabresi. Quattro milioni di profughi ancora interni alla Siria, che poi rappresentano un quarto della popolazione, che conta ventuno milioni di abitanti. Ma queste cifre non raccontano fino in fondo l’atrocità di questa guerra civile, documentata dalle immagini che una fitta rete di video maker improvvisati, grazie ai cellulari, è riuscita a registrare e a mandare alle “teste di ponte” di questo movimento di liberazione, che ha le sue postazioni in Libano e Turchia. ...

DIMENSIONE BRASILE

  Foto Ansa Da dove cominciare per raccontare il Brasile di oggi? La domanda non è affatto sibillina, poiché questo paese, grande quasi come un continente, è considerato, insieme all’India, l’economia emergente del mondo contemporaneo, però come in India, gli indici finanziari non spiegano, le condizioni socio-economiche e culturali, di tipo terzomondista, in cui versano ampie fasce di popolazione, compresi i soggetti vulnerabili come i minori.             Diciamo subito che negli ultimi dieci anni, cioè dall’insediamento di Lula al potere, il Brasile è molto cambiato e questo perché   più di  venti milioni di persone, che vivevano sotto la soglia di povertà, sono riusciti a risalire su per la scala sociale, uscendo fuori dalla situazione di bisogno, mentre quasi la metà, almeno secondo l’Ocse, dei centonovanta milioni di brasiliani, oggi, appartengono alla classe media, nuovo baricentro sociale de...

Nuovo assassinio politico a Tunisi: forse inconciliabili laicismo e islamismo

Mentre  l’Egitto è sull’orlo di una guerra civile, in Tunisia è stato assassinato un altro membro della coalizione di sinistra, all’opposizione del governo islamico di Ennahda.  Mohamed Brahmi di 58 anni, mentre era con moglie e figlia per le strade di Tunisi, è stato avvicinato da due uomini in motocicletta, i quali l’hanno crivellato di proiettili sparati da un mitra: sembra che siano stati undici i colpi che hanno raggiunto il dirigente politico. Subito dopo l’assassinio, avvenuto in mattinata , migliaia di persone si sono riunite davanti la sede del Ministero dell’Interno per protestare. Tra l’altro c’è una inquietante coincidenza simbolica, poiché oggi, 25 luglio, cade l’anniversario dell’indipendenza della Tunisia dalla Francia. Brahmi è stato fondatore e segretario generale del Movimento del Popolo (Echaâb), partito di opposizione laico e nazionalista, nato dopo la fine della presidenza di Ben Ali nel 2011. Inoltre era anche membro dell’Assemblea Naziona...

La Bulgaria esplode: Siete corrotti! Circondiamo il parlamento!

       Foto ilpost.it     Erano circa le 2,30 del mattino, ora italiana, della scorsa notte, quando la polizia del comando di Sofia, in assetto antisommossa, è riuscita a farsi largo tra le duemila persone che avevano preso in ostaggio il Parlamento bulgaro per otto lunghissime ore. Cariche e scontri hanno consentito alle forze dell’ordine di liberare ministri, deputati e giornalisti, rimasti isolati nell’edificio, forzando la barriera eretta dai manifestanti. Negli scontri sono rimasti ferite nove persone di cui due agenti. Sono ormai quaranta giorni di fila che il popolo bulgaro è in piazza a manifestare il proprio dissenso contro il sistema di potere, definito oligarchico dal movimento di protesta. In realtà le manifestazioni sono iniziate in gennaio, con violenti scontri, determinando la caduta del governo di destra Borisov, accusato dal popolo di essere un corrotto. Le elezioni anticipate svoltesi in maggio non hanno dato un risu...