YEMEN: TUTTI CONTRO IL PRESIDENTE




Continuano gli scontri e le proteste contro il Presidente yemenita Ali Abdallah Salih, capo del General People's Congress”, nelle due città più importanti del paese, Sana'a e Aden: nella prima le forze dell’ordine hanno aperto il fuoco contro i manifestanti ferendo tre persone, di cui una è morta stamattina, mentre nell’altra città, gruppi organizzati di oppositori al regime hanno assaltato alcune scuole pubbliche per costringere gli insegnanti a scendere in piazza, tutto tra venerdi scorso e la giornata di ieri.
Le proteste, sull’onda dei moti tunisini ed egiziani, sono state innescate il 2 febbraio, generate dal tentativo di revisione costituzionale del Presidente, attraverso cui puntava ad ottenere un nuovo mandato oltre la scadenza del 2013, scongiurata dalle sue dichiarazioni successive tese a non ricandidarsi. La settimana seguente è stato organizzato, da parte di un gruppo di giovani, che hanno fatto girare su internet un appello contro il governo, il cosiddetto “venerdi della collera di Aden”.

foto PeaceReporter

A leggerla così questa notizia sembra l’ennesima scintilla mediorientale, dove la popolazione non ce la fa più a sopportare una dittatura autocratica, avendo preso coscienza, attraverso la comunicazione globale, che c’è un modo migliore di vivere: la democrazia. Il fatto è che lo Yemen non è la Tunisia e neanche l’Egitto. Qui le contraddizioni sono abbastanza diverse. Si perché l’esercizio della violenza, negli ultimi trent’anni, non si è quasi mai interrotto.

La storia del moderno Yemen può essere fatta risalire alla dissoluzione dell’impero ottomano, la quale determina l’azione coloniale della Gran Bretagna. Negli anni ’60 nasce prima la Repubblica Araba dello Yemen, nel nord del paese e poi la Repubblica Popolare Democratica dello Yemen, il primo regime di stampo marxista del mondo arabo. Tra ribellioni e guerre di vario genere si arriva al 1990 quando l’attuale Presidente da vita alla Repubblica Unificata dallo Yemen.

Ma la rivalità tra nord e sud rimane il motivo dominante su cui si regge il paese, governato da un Presidente che “accetta” di farsi eleggere solo nel 1999, anche se manca un candidato alternativo. Cosa non del tutto disdicevole per la comunità internazionale, visto che il paese diventa uno dei baluardi della lotta ad al Qaeda condotta dagli Stati Uniti. Ecco perchè gli addestratori dell’esercito yemenita erano proprio militari dei reparti speciali americani. 


foto PeaceReporter

Nel 2004 l’ex vicepresidente Ali Salim al Baid dichiara l’indipendenza del sud, individuando Aden come suo quartier generale, ma l’esperienza dura un paio di mesi e i secessionisti sono costretti all’esilio. Nel frattempo, nel nord ovest del paese, area in cui è posizionata la capitale Sana'a, scoppia una piccola guerra civile tra l’esercito regolare e gruppi di ribelli sciiti zaidi, i cosiddetti “Giovani Credenti”, giudati da Abdul Malak Al Houti, a quanto si dice, sostenuti dall'Iran, e che vorrebbero un Ayatollah al potere. Un'aspetto interessante è che il governo accusa due paesi del mondo arabo di fornire aiuto logistico e militare al gruppo ribelle, uno è l'Iran, e fin qui è comprensibile, l'altro è la Libia, il quale leader si è sempre presentato oppositore del fondamentalismo islamico.

Si va avanti così fino ad oggi, tra atti di belligeranza e accordi di pace. Nel 2008 si legge in un rapporto di “Medici Senza Frontiere”: “Msf conferma che non si conosce il numero dei morti e dei feriti e che, tuttavia, l'impiego estensivo di armi pesanti fa pensare che vi siano vittime innocenti tra i civili, che comunque non hanno più accesso alle strutture sanitarie. Peggio di loro stanno i civili sfollati, è l'allarme lanciato dalla Mezzaluna Rossa, che riferisce di 35mila sfollati nella sola provincia di Saada”.
Vista la situazione data, chi sono coloro che in questi giorni stanno in piazza a protestare? Nel nord le opposizioni riguardano due organizzazioni strutturate: Partito islamico al-Islah e Forum comune, coalizione dei partiti di opposizione, invece nel sud, essendo in esilio i capi secessionisti, sembra più una ribellione spontanea, nata appunto attraverso internet. Una cosa è chiara e cioè che tutti hanno l'obiettivo di abbattere il Presidente. Da un lato gli indipendentisti del sud, la cui città di riferimento è Aden, dall'altro i fondamentalisti, nella cui capitale Sana'a hanno i loro insediamenti. Sullo sfondo al Qaeda, terribile spettro dell'occidente, che in caso di crollo del Presidente potrebbero realmente entrare in campo.

Ma una suggestione viene in mente, in un contesto siffatto. Proviamo ad immaginare un fantasioso scenario futuro per lo Yemen: un paese diviso in due, con due capitali, il sud monarchico ed il nord islamico con “l'appoggio esterno” di al-Quaida... Sarebbe possibile?



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