giovedì 15 ottobre 2015

RADIO CENTO MONDI NEWS VALUES



CAMERUN
La lotta ai jihadisti sanguinari di Boko Haram si sposta dalla Nigeria al Camerun, con un intervento di intelligence degli Stati Uniti


FOTO ANSA
 

Il Congresso statunitense ha autorizzato l'invio di 300 militari in Camerun per supportare le forze di sicurezza del paese africano nella lotta all'organizzazione Boko Haram, affiliata all'Isis. Il gruppo armato si è caratterizzato in questi anni per i rapimenti di massa, soprattutto di adolescenti e minori. L'evento che rese sgomento il mondo, fu quello dell'aprile 2014, quando da un colllegio femminile della comunità cristiana di Chibok, nello stato del Borno, vennero sequestrate 267 ragazze, di cui soltanto una cinquantina ruscirono a fuggire.

 Gli scopi di questi rapimenti sono variegati: da un lato, combattere la scolarizzazione di tipo occidentale, terrorizzando le comunità cristiane nei paesi dove agisce l'organizzazione, e cioe Nigeria, Niger, Ciad e appunto Camerun. Dall'altro "fare cassa" con la vendita delle ragazze come schiave. Ma c'è anche un'altra motivazione e cioè quella di costringere questi giovani a farsi esplodere in attentati nei centri abitati.

 La diffusione in Camerun di questa organizzazione sanguinaria ha dunque poratato il governo americano ad inviare soldati, non tanto per stare sul campo a combattere, ma per organizzare un sistema di intelligence tale da poter costruire reti sul territorio per impedirne il radicamento.
Il problema di fondo però, come segnale la rivista Jeanne Afrique, è che le autorità sono impegnate ad usare lo spettro di Boko Haram per combattersi tra di loro, per fini politici. Questo avviene in un contesto in cui la situazione sociale e politica è sempre più disastrosa, poichè il piano di sviluppo lanciato nel 2014, che avrebbe dovuto accelerare la crescita economica, migliorare il clima imprenditoriale, incentivare all'assunzione di giovani laureati, non ha sortito nessun risultato, visto anche la dimensione di corruzione diffusa, costruita dal sistema di potere del Presidente Paul Biya, uomo affidabile per l'occidente ma spesso inaffidabile per il suo popolo, viste le richieste di asilo politico che continuano ad arrivare anche in Italia.


PORTOGALLO
Ferme le consultazioni per la formazione del nuovo governo all'indomani delle elezioni, che non hanno dato un vero vincitore

L'11 ottobre dalla consultazione elettorale tenutasi in Portogallo è uscita fuori una situazione di ingovernabilità potenziale che assomiglia molto alle dinamiche italiane. Sono state effettuate due consultazioni parallele, ma anche trasversali. Da un lato il conservatore Pedro Passos Coelho che formalmente avrebbe vinto con il 36,8 per cento dei voti, si è "consultato" con il socialista Antonio Costa, ex sindaco di Lisbona, che ha guadagnato il 32,4 per cento. Da subito il leader conservatore ha voluto sottolineare che mai si pieghearà alle condizioni dei socialisti, che sembrano essere l'ago della bilancia, visto che stanno conducendo un negoziato con il Bloco de esquerda, 10,2 per cento, e i comunsti presenti in Parlamento con l'8,1.
 
Se da un lato i conservatori, senza i socialisti dentro una grande coalzione, potrebbero formare un governo di minoranza, che soffrirebbe parecchio in funzione della stabilità del paese, dall'altro le posizioni politiche della sinistra radicale si differiscono notevolmente, soprattutto rispetto alle politiche finanziarie europee di austerità. In tal senso la bella affermazione della sinistra più radicale ha richiamato l'esperienza dei cugini spagnoli di Podemos, il movimento nato dal fenomeno degli anni scorsi legato agli Indignados.
 
Certo è che l'instabilità dei sistemi politici mediterranei come Italia, Grecia e Portogallo sono in qualche modo la chiave di lettura di realtà endemicamente malate, che soffrono ad uscire dal tunnel delle garandi contraddizioni economiche e sociali.






MESSICO
Nuova verità sui 43 studenti bruciati in Messico un anno fa
Le verità nascoste sullo sconcertante caso dei 43 studenti della scuola normale rurale di Ayotzinapa, sequestrati durante una manifestazione nel settembre del 2014 e poi bruciati in una discarica, continuano ad uscire fuori a spizzichi e bocconi.

 La versione ufficiale del governo messicano aveva individuato nei cartelli dei narcos i responsabili di questo atroce crimine. Poi il Procuratore Jesus Murillo Karam a fine 2014 propose un'altra verità, e cioè che fu la stessa polizia della città di Iguala ad eseguire il sequestro, i cui agenti venderono i giovani alla gang di narcos Guerreros Unidos, scambiandoli per dei rivali. I ragazzi vennero così bruciati dentro una discarica nella città di Cocula. Ma anche questa verità faceva emergere delle contraddizioni, almeno dal punto di vista della dinamica dei fatti.

 In settembre degli esperti di una commissione inter-americana sui diritti umani spiego che non tutti i ragazzi potevano essere stati bruciati dentro la discarica, poiché 16 ore non potevano bastare e i mezzi impiegati erano troppo ridotti. Ci sarebbero voluti 13 tonnellate di pneumatici e 30 di legna, per almeno 60 ore di fuoco, e un incendio di queste proporzioni sarebbe stato avvistato a parecchi chilometri di distanza.

 Negli ultimi giorni una nuova verità sta emergendo a conferma delle conclusioni della commissione. Marco Antonio Rios Berber, uno dei membri del cartello di narcos indagato, ha dichiarato che 13 ragazzi furono portati in una collina nei paraggi di Iguala, dove almeno nove lì vennero giustiziati, due dei quali dallo stesso Rios. Storia questa omessa dallo stesso sistema giudiziario.


 

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