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Marketing vaticano e nuovo brand: il Papa dei poveri

 
 

Foto Ansa 


Il pontificato di Giovanni Paolo II si contraddistinse, rispetto al passato, per una straordinaria strategia di comunicazione pianificata nei minimi dettagli, tanto che il vate della pubblicità e della comunicazione politica Jaques Seguela, fu uno di quelli che propose un’enciclica sui mass media. Wojtyla fu definito il Papa televisivo per la sua grande capacità di sposare le logiche mediatiche, attraverso due azioni: la prima fu la grande spontaneità nei comportamenti e nell’uso del linguaggio, esautorando i protocolli secolarizzati, l’altra furono i suoi cento e passa viaggi, in luoghi del mondo dove la chiesa non era mai arrivata, luoghi geografici come luoghi simbolici, come la sinagoga ebraica, e ogni volta organizzati con bagni di folla straordinari. Wojtyila riportò la chiesa cattolica al centro dello scenario internazionale, tanto che a proposito della caduta dei muri, si suole individuare lui come l’artefice di questo evento storico, esautorando quello vero, cioè Michael Gorbaciov.

 
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Il giubileo fu forse l’evento che meglio sintetizzò la strategia di marketing del Papa polacco, ma gli ultimi anni furono caratterizzati dal suo decadimento fisico e quindi dall’impossibilità di governo, che produsse la proliferazione di fazioni, scontri di potere per la gestione delle rendite di posizione, la guerra intorno allo Ior, la corruzione dilagante ed il disfacimento morale legato alla pedofilia. Se a ciò si aggiungono altre non indifferenti variabili, cioè lo svuotamento di affiliazione nelle diocesi europee e il grande potenziamento di quelle nel sud mondo, dove in alcuni casi si combattono ancora guerre di religione, si ha il quadro completo di ciò che significa crisi del cattolicesimo nel nuovo millennio.

Una crisi che Benedetto XVI non fu in condizione di gestire, soprattutto per il livello di conflittualità tra le fazioni e la corruzione, uscite fuori dalle dichiarazioni dei corvi di Vatileaks, che portò  Ratzinger ad indagare con i suoi tre “inquirenti vaticani” i quali hanno prodotto un  dossier che rappresenta la dote che il vecchio Papa lascia al nuovo.
 
 
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Se dunque Wojtyla seppe capire che attraverso la comunicazione era possibile ricostruire il sistema di significazione simbolica riportando la chiesa al centro della società, lo scontro che si è generato all’interno del conclave e che ha messo in minoranza le gerarchie vaticane con in testa gli italiani, ha individuato in Bergoglio le caratteristiche legate ad una significazione simbolica tale da esorcizzare i mali della chiesa contemporanea, e questa, al di là degli scontri tra fazioni, è una logica di marketing. Certo, a 76 anni non avrà la forza di opporsi a lungo alla decadenza, ma a quella età, pressappoco, Giovanni XXIII fece il Concilio Vaticano II, primo grande evento mediatico, che rivoluzionò il senso stesso dell’appartenenza religiosa. Forse è questo che ci sarà da aspettarsi da Francesco I, il Papa terzomondista dei poveri, che parla di violazione dei diritti umani nei confronti della povertà estrema, e che vuole portare l’uomo al centro degli interessi degli stati…
 
 
 
 

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