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IL SENSO DELLA LIBERTA' NELLA FORTEZZA EUROPA


Mentre a Kobane il popolo curdo cerca di costruire una società attraverso le leggi delle donne, sulla rotta balcanica, dalla Turchia alla Repubblica Ceca, il nuovo fascismo invade le strade, tra richieste di aiuti militari e minacce di costruire barriere... E l'Europa si sente meno libera...

By Marco Marano



Quello che succede nel cantone di Kobane in Rojava, nel Kurdistan occidentale, che copre il territorio della Siria settentrionale, é qualcosa di straordinario, nel contesto dei rigurgidi da primo novecento che si affacciano in Europa. Perché, dal punto di vista puramente geografico, cioè quello della rotta balcanica tra Asia ed Europa, che parte dalla Siria e si allunga fino alla Germania, la discontinuità logica sembra davvero paradossale.
 
In pratica l'Assemblea delle donne di Kobane, che ricordiamo sono le principali protagoniste della resistenza militare sul territorio contro l'Isis, ha elaborato delle disposizioni di legge per il Cantone. Vengono vietati i matrimoni precoci delle bambine, organizzati dalle famiglie, e viene vietata anche la poligamia. Queste disposizioni verranno condivise sul territorio sia attraverso forme di educazione sociale che diffuse nelle assemblee di quartiere. L'intento è proprio quello di costruire una società democratica basata sulle leggi delle donne.
 
Dal sito internet sulla rete internazionale del Kurdistan, riportiamo una dichiarazione di Ruken Ehmet, dell’amministrazione cantonale: "Abbiamo bisogno di fornire informazioni sulle leggi nel modo più comprensibile. È solo attraverso l’educazione che possiamo cambiare una società creata attraverso 5000 anni di dominazione maschile e di mentalità patriarcale. La migrazione a causa della guerra ha colpito il nostro lavoro, ma questo non significa che sia stato interrotto. Secondo le decisioni che abbiamo assunto continueremo l’educazione in tutti gli ambiti della società. Attraverso le assemblee di quartiere stiamo raggiungendo ogni persona. Le assemblee di quartiere devono risolvere la questione delle donne. Le donne, gli eletti, e tutte le amministrazioni quindi devono prendere forza e partecipare attivamente a questo lavoro".
 
 
 
 
L'aspetto più paradossale che riguarda questa sorta di laboratorio di democrazia del popolo curdo, che si sta evolvendo a Kobane, è che la guerra di resistenza che i curdi stanno conducendo contro l'esercito in Turchia viene fatta passare per terrorismo dal presidente sultano Erdogan, il quale, proprio ieri, ha mandato la polizia a chiudere la sede di un gruppo editoriale apertamente a lui avverso, a pochi giorni dalle elezioni politiche.

 All'interno del gruppo editoriale Ipek, con sede a Istanbul, gravitano varie testate: i quotidiani Bugun e Millet e i canali Kanalturk e Bugun Tv. In quest'ultima, il giornalista che leggeva le notizie in diretta, annunciava che da un momento all'altro le trasmissioni potevano essere interrotte dal governo, e così è stato. Nel frattempo, nella strada adiacente 500 dimostranti, tra giornalisti ed esponenti politici dell'opposizione, si radunavano per protestare contro un atto espressamente dai toni fascisti ed antidemocratici. La polizia, presentatasi in tenuta antisommossa, per tutta risposta utilizzava gas lacrimogeni e acqua per disperdere la folla, mettendo in stato di fermo alcuni giornalisti.
 
La motivazione ufficiale di questo atto è stata quella di mettere sotto controllo giudiziario il gruppo editoriale poichè accusato di costruire una rete illegale, sempre a fini terroristici, con un magnate islamico residente negli Stati Uniti, Fethullah Gulen, un tempo alleato di Erdogan, adesso suo nemico dichairato. In realtà la scadenza elettorale dell'1 novembre è la vera questione sul tappeto, che il sultano vuole vincere a tutti i costi, per cambiare la Costituzione, al fine di restare ancora al potere. Si pensi che negli ultimi 25 giorni che il 90 per cento delle trasmissioni della Tv pubblica TRT, sono state a lui dedicate, in spregio alla logica pluralista di una democrazia.
 
Uno dei leader curdi, Demitras, intervistato dai netwoks internazionali, ha così dichiarato:"In un modo o nell’altro per un lungo periodo di tempo siamo stati oggetto di una moltitudine di pratiche illegali e incostituzionali, che non trovano fondamento in alcuna legge nazionale o internazionale. In tal senso, dunque, il raid non ci sorprende, tuttavia è un atto inaccettabile".
 

 
 
 
Ma l'aspetto ancor di più inquietante è che Erdogan è in procinto di fare un accordo con la Commissione Europea per trattenere i rifugiati siriani nel nord del paese, per non farli passare lungo la rotta balcanica ed arrivare in Europa. In cambio vi è la promessa di accelerare l'entrata di questa Turchia nell'Unione Europea, più altri benfit...
 
Intanto la minaccia di nuovi muri di filo spinato passa dalla bocca di questo o quel capo di governo o ministro dei paesi posti sulla rotta balcanica, con il Presidente della Commissione Europea Junker che smentisce: "nell’Unione non c‘è spazio per barriere". Questo gioco ipocrita delle dichiarazioni e delle smentite continua poi nelle parole del primo ministro sloveno, che afferma, certo, non vogliamo erigere muri, però siamo pronti a porre misure idonee, magari di tipo militare, per ostacolare l'accesso al confine con la Croazia.
 

 
 
 
 
L'ultima fotografia riguarda la festa nazionale di ieri nella Repubblica Ceca, dove si festeggiava l'indipendenza dall'Impero austro-ungarico. Manifestanti neo-nazisti sono scesi nelle strade di molte città, lanciando slogan razzisti contro i rifugiati e le politiche dell'Unione Europea, in nome di una sorta di difesa della razza nazionale. L'elemento confortante è che a questi cortei, in quasi tutte le città, se ne sono contrapposte altre in favore dell'accoglienza ai rifugiati, e la polizia ha dovuto lavorare per tenerli separati.
 
Alla manifestazione di Praga ha partecipato Lutz Bachmann, leader della formazione anti-islamica tedesca Pegida, che negli ultimi mesi in Germania si è contraddistinta per aver bruciato vari centri di accoglienza per rifugiati, in un clima complessivo in cui è stata ferita, il giorno prima della scadenza elettorale, la sindachessa di Colonia, per la sua apertura nei confronti dell'accoglienza ai rifugiati. Ecco la dichiarazione delirante di Bachmann durante la manifestazione:"Tutti i patrioti europei devono cooperare ora per essere in grado di affrontare questa minaccia. Siamo forti e riusciremo ".
 
 
 
 
 
 
Foto credit Rete Kurdistan, ANSA, AFP
 
 
 

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