L'affermazione d'imperio del Campionissimo sloveno alla 111a edizione del Tour de France, dopo averne vinti altri due e aver conseguito quest'anno la doppietta con la vittoria al Giro, catapulta nella storia il suo schema di corsa, facendolo avvicinare al primo grande Cannibale: Eddy Merckx.
di Marco Marano
Fate largo, dunque, al nuovo imperatore del ciclismo contemporaneo: Tadej Pogacar. Il nuovo cannibale, anzi il cannibale gentile ha imposto anche al Tour de France il suo potere assoluto. E lo ha fatto “stracciando” fior di campioni, diversamente dal Giro, i campioni dell’oggi: dal vecchio Primoz Roglic, ritiratosi per incidente, all’antagonista di sempre Jonas Vingegaard, presentatosi in spolvero dopo l’infausto incidente, di pochi mesi fa. E ancora Remco Evenepoel, l’altro competitor delle corse a tappe.
Lo schema Pogacar
Li ha eliminati dal gioco applicando il suo originale schema di corsa: prendere la maglia nei primissimi giorni, attaccare negli ultimi chilometri, qualsiasi tappa con un minimo di asperità, e vincere o rosicchiare, giorno per giorno, secondi e minuti. Uno schema che una volta applicato diventa la rappresentazione di quanto sia rimasto bello lo sport del ciclismo. Le sue progressioni irresistibili, sempre sui pedali, taglienti, che quando arrivano non ce ne può essere per nessuno, sono già diventate un pezzo di storia del ciclismo. Vingegaard e Evenepoel hanno cercato di stargli dietro, ma nel vero senso della parola, quasi sempre alla sua ruota…
Le capacità atletiche simili a quelle di Merckx
Con la doppietta Giro-Tour, vinte da cannibale gentile, lasciando cioè
le briciole agli altri, si ha insomma la consacrazione definitiva dell’erede di
Eddy Merckx, aspettato per generazioni e mai arrivato. L’avevamo pronosticato
nel 2020, quando il giovanissimo sloveno vinse il suo primo Tour. Già da lì si
era capita l’originalità del personaggio, nel contesto di uno scenario internazionale
abbastanza depressivo. Pogacar ha in qualche modo ridato fiato ad uno sport un
po’ acciaccato dal livello di spersonalizzazione atletica e tattica degli ultimi anni.Così come il ritorno ad un dualismo, quello con Vingegaard, altro straordinario campione, che dall'anno prossimo darà ancor di più filo da torcere al Cannibale gentile: sempre all'insegna della perenne stretta di mano che si danno ad ogni fine corsa.
L’impressionante somiglianza con le capacità atletiche di
Merckx rendono la figura del campionissimo sloveno ancora più interessante. In
una delle ultime tappe ha fatto scalpore una sua dichiarazione: "Non so neanch’io
perché sono andato in testa, forse avevo bisogno di sgranchirmi un po’ le
gambe."Apriti cielo! Gli sono piovute addosso le critiche di ex corridori che
hanno visto una mancanza di rispetto per i colleghi ciclisti.
Al di là del fatto che quelle parole uscivano fuori dal
solito sorriso gentile appeso al suo volto, signori, questo è l’erede
di Merckx, e vince come Merckx. Vediamo un attimo come il compianto Vittorio Adorni, suo
gregario alla Faema, descriveva il Cannibale belga: "Eddy aveva una forza
fisica che non sapeva neanche lui come esprimerla, una forza e una potenza
incredibili, che poi con il tempo ha imparato a gestire, avendo vinto quello
che ha vinto…"
Aggredire la corsa con cinismo e gentilezza, ma comunque primeggiare
Sia nell’uno che nell’altro vi è un bisogno quasi fisiologico di aggredire la corsa e primeggiare, in entrambi, i principali avversari avevano e hanno a che fare con sé stessi: il principale avversario di Merckx era Merckx, il principale avversario di Pogacar è Pogacar. L’unica differenza tra i due, ma si tratta di epoche molto lontane, con una forbice di circa quarantacinque anni, è lo schema di corsa. Merckx, se doveva, andava in fuga e lasciava agli avversari minuti e minuti. Pogacar va a vincere e rosicchiare minuti negli ultimi chilometri.
I due Tourmalet
Ce lo spiega benissimo la storia del Tourmalet, per cui mettiamo a confronto il tappone pirenaico del Tour del 1969, con quello di quest’anno… Nel Tour del 1969 i grandi antagonisti di Eddy Merckx erano Raymond Poulidor, Roger Pigneon e Felice Gimondi. A 160 km dall'arrivo il campione belga vola sul Tourmalet e inizia la sua cavalcata solitaria, egualmente mitica rispetto a quella di Coppi sullo Stelvio. Arriva al traguardo di Monreaux, lasciando 8 minuti a Pingeon e Poulidor e 14 minuti a Gimondi.
Nella versione di quest'anno si arriva al Tourmalet a metà percorso circa, con una fuga di sei o sette corridori con il gruppo della maglia gialla a oltre 4 minuti. Così, nel segno del ciclismo contemporaneo, la tappa si risolve gli ultimi 4 km, quando Pogacar scatta insieme al fido Adam Yates, che desiste poco dopo. All'arrivo Pogacar stacca Vingegaard di 40 secondi e Evanepoel di 1 minuto e 10 secondi. Il Tour è suo...
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