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GIORDANIA: IN PIAZZA CONTRO CHI?

foto AP Il venerdi islamico delle proteste, la settimana scorsa, ha raggiunto anche la Giordania. Per le strade di Amman, dove circa 10000 persone hanno sfilato, c’era però un’aria diversa dalle strade insanguinate di altri paesi vicini. Si sentiva infatti il desiderio di un popolo alla ricerca di una vita migliore, la voglia di esprimere il proprio protagonismo come in Tunisia o in Egitto. La differenza però è che ad Amman le rivendicazioni non sembrano assumere una fisionomia ben decifrabile: l’unico elemento percepibile è il sentimento islamico, nel senso riformista del termine. Innanzitutto c’è da dire che in piazza, come nella precedente manifestazione del 28 gennaio, c’erano tantissimi giovani, studenti e disoccupati, donne col velo e anche senza, anziani e bambini. C’era il Fronte d'azione islamico, organizzazione legata ai Fratelli Musulmani, che denunciano la necessità di urgenti riforme politiche ed economiche, come il Movimento comunista. Ma c’erano anche i sostenitori...

LIBANO: UNA STORIA INFINITA

foto PeaceReporter  Erano in 4000 venerdi scorso per le strade di Beirut, in prevalenza giovani, che inveivano contro il regime, chiedendo l’abolizione del sistema di potere. Già, perché la realtà sociale del Libano è qualcosa di estremamente diversa da quella dei paesi autocratici del nord Africa, dove è esplosa la rivolta in questi mesi. In Libano non vi è un dittatore ma un sistema diviso tra diciotto comunità confessionali frammentate tra cristiani e musulmani. Le confessioni cristiane: maronita , greco-ortodossa , greco-cattolica (melchita), armena apostolica , armeno-cattolica , siriaco-ortodossa , siriaco-cattolica , protestante , copta , assira , caldea , e la cattolica di rito latino Le confessioni musulmane: sunnita , sciita , ismailita , alauita e drusa . foto ANSA Il sistema confessionale è insomma il principio su cui è costruita tutta la società libanese sia dal punto di vista della rappresentanza politica e istituzionale che amministrativa, attraverso q...

A PARTI INVERTITE

Gli insorti della città di Brega, ieri, sono riusciti a respingere un attacco aereo delle truppe fedeli a Gheddafi, a circa due chilometri dal terminal petrolifero. Intanto sono state attivate le misure contro il regime da parte della comunità internazionale: blocco dei beni della famiglia Gheddafi, embargo delle armi, deferimento al tribunale internazionale dell’Aja per crimini contro l’umanità. Gli Stati Uniti hanno inviato tre navi da guerra posizionate a 50 miglia dalle coste libiche. L’aeronautica militare è stata autorizzata dalla Casa Bianca a procedere all’evacuazione dei profughi.  Barak Obama ha intimato il leader libico di abbandonare il potere, lasciando intendere di essere pronti ad un intervento militare: “L’America deve stare dalla parte giusta della storia, con la democrazia e la libertà.” Ha dichiarato il Presidente degli Stati Uniti. Continua però a non essere chiara la posizione americana sulla no-fly zone, auspicata inizialmente dalla Clinton e sconsigl...

LA PROPOSTA VENEZUELANA

foto PeaceReporter Il ministro degli Esteri venezuelano, Nicolas Maduro , è stato portatore, al capo della Lega araba Amr Moussa, della proposta di mediazione di Ugo Chavez nel conflitto libico tra Gheddafi e i ribelli. La notizia è stata data da Al Jazeera. Per oggi, al Cairo, è stata convocata una riunione della Lega Araba finalizzata ad analizzare il piano nei dettagli. Inutile dire che il rais libico ha accettato la mano d’aiuto del collega venezuelano. I due sono legati da una sorta di affiliazione, che non si manifesta soltanto nello stile di comando di tipo imperiale, ma anche in un mutuo aiuto, forse legato dalla condivisione d’interessi economici. Infatti, dopo i primi giorni di rivolta, il primo paese di cui si è parlato dove la famiglia Gheddafi poteva riparare era proprio il Venezuela. E’ chiaro che, per come si sono messe le cose in Libia, una proposta di mediazione presuppone una “negoziazione” delle leve del potere statale, proprio per questo il leader dell’opposiz...

E' TEMPO DI UN'ANTENNA NAZIONALE DEI MIGRANTI

I migranti italiani sono scesi in sciopero per la seconda volta, a distanza di un anno. Ieri primo marzo, data che ormai identifica la protesta in favore dei diritti di cittadinanza, in tutta Italia si è protestato contro le leggi vigenti. I promotori della manifestazione nazionale “Comitato 1 marzo 2011”, a cui hanno aderito alcune organizzazioni sindacali, partiti e associazionismo, hanno tenuto a sottolineare che quello di ieri non è stato uno “sciopero etnico” poiché i problemi dei migranti sono i problemi di tutti. Le richieste dei promotori: "L'abrogazione della Bossi-Fini; l'estensione dell'articolo 18 del testo unico sull'immigrazione come tutela per tutti i lavoratori che denunceranno di essere stati costretti all'irregolarità; l'abrogazione del reato di clandestinità; l'abolizione del permesso di soggiorno a punti; la chiusura dei Cie; una regolarizzazione reale contro la sanatoria truffa; il passaggio dal concetto di ius sanguinis a quello ...

CACCIA ALLO STRANIERO AFRICANO

foto ANSA L’Alto Commissario per i Rifugiati, António Guterres, esprime preoccupazione per le decine di migliaia di rifugiati ed altri cittadini stranieri che potrebbero essere intrappolati in Libia. “ Non ci sono gli aerei e le navi necessarie per evacuare le persone provenienti da paesi poveri o devastati dai conflitti,” ha dichiarato Guterres, chiedendo ai governi di prendere in considerazione le necessità di tutte le persone vulnerabili e non soltanto quelle dei propri cittadini. “Molte di queste persone si sentono prese di mira, sono spaventate e non hanno risorse.” Da anni la Libia è un paese di transito e di destinazione per i rifugiati. L’UNHCR ha riconosciuto come rifugiati 8.000 palestinesi, iracheni, sudanesi, etiopi, somali ed eritrei. Oltre 3.000 hanno presentato domanda d’asilo e molte altre migliaia che non hanno avuto la possibilità di contattare l’ufficio UNHCR si trovano verosimilmente nel paese. “ Gli africani sembrano essere particolarmente a rischio perché sospett...

LE DUE FACCE DELLA VERITA'

foto ANSA  Mohamad El Ghannouchi, il primo ministro del governo di transizione della Tunisia, considerato come troppo compromesso con l'amministrazione di Ben Alì, si è dimesso ieri in seguito ai due giorni di scontri nel centro di Tunisi, dove centomila persone si sono riversate per contestare l’uomo al potere. Negli scontri con la polizia cinque persone sono rimaste uccise e cinquantuno ferite. In seguito a questi eventi è stato nominato nuovo premier Beji Caid Sebsi, ex Ministro degli Esteri sotto la presidenza di Habib Bourguiba, considerato il padre della patria. Questa notizia, a chi la vuole leggere con obiettività, chiarisce il senso di tutto quello che sta avvenendo nei paesi arabi, e cioè che la gente vuole la democrazia a tutti i costi e non ha più interesse a farsi ingannare e sottomettere da chi non garantisce il proprio futuro: è questa la rivoluzione dei gelsomini. Ed è questa la forza di un popolo che non potrà mai accettare un poter...