E' TEMPO DI UN'ANTENNA NAZIONALE DEI MIGRANTI


I migranti italiani sono scesi in sciopero per la seconda volta, a distanza di un anno. Ieri primo marzo, data che ormai identifica la protesta in favore dei diritti di cittadinanza, in tutta Italia si è protestato contro le leggi vigenti. I promotori della manifestazione nazionale “Comitato 1 marzo 2011”, a cui hanno aderito alcune organizzazioni sindacali, partiti e associazionismo, hanno tenuto a sottolineare che quello di ieri non è stato uno “sciopero etnico” poiché i problemi dei migranti sono i problemi di tutti.

Le richieste dei promotori: "L'abrogazione della Bossi-Fini; l'estensione dell'articolo 18 del testo unico sull'immigrazione come tutela per tutti i lavoratori che denunceranno di essere stati costretti all'irregolarità; l'abrogazione del reato di clandestinità; l'abolizione del permesso di soggiorno a punti; la chiusura dei Cie; una regolarizzazione reale contro la sanatoria truffa; il passaggio dal concetto di ius sanguinis a quello di ius soli come cardine per il riconoscimento della cittadinanza; una legge organica e adeguata per la tutela dei rifugiati".

La manifestazione di quest’anno è stata dedicata a Noureddine Adnane, il giovane marocchino che viveva a Palermo, emulo di Mohamed Bouazizi, il quale, come il coetaneo tunisino che ha innescato le rivoluzioni del mondo arabo, è morto dopo essersi dato a fuoco a causa delle vessazioni subite dai vigili urbani del capoluogo siciliano.



Lo sciopero ha coinvolto quasi tutta la penisola, da Trieste a Catania, con cortei, sit-in, assemblee e dibattiti. A Bologna in mattinata si è tenuto un corteo degli studenti del Fioravanti, molti dei quali figli di immigrati. Contemporaneamente esponenti del Tpo e della Rete nazionale per il diritto all’accoglienza, hanno protestato al davanti al Cie di via Mattei, protetto dalle forze dell’ordine, che si sono dovuti difendere da un lancio di oggetti, mentre i manifestanti venivano acclamati dagli immigrati “reclusi”. Li dentro ci sono ancora una cinquantina di tunisini fuggiti dal loro paese. Nel pomeriggio, in piazza Nettuno, si è svolta una manifestazione a cui hanno partecipato qualche migliaio di persone. Da lì è partito un corteo che si è inoltrato per le vie del centro, fino a tardo pomeriggio.



Alla manifestazione bolognese, organizzata dal “Coordinamento dei Migranti”, erano visibili bandiere di vario genere: dagli anarchici alla Fiom. In piazza Nettuno si poteva notare il banchetto di “Amnesty International” e della Rete che raggruppa alcune scuole di italiano per migranti, i quali hanno posto l’accento sull’esame di lingua per avere il permesso di soggiorno. L’associazione “Trame di Terre” hanno portato in piazza maschere e sagome di donne che chiarivano i motivi per cui tanti migranti non potevano partecipare alla manifestazione.

Per ciò che concerne lo sciopero in senso stretto, cioè quanti immigrati hanno incrociato le braccia nei posti di lavoro, i dati forniti dal “Coordinamento dei migranti” evidenziano a Bologna un’inversione di tendenza rispetto al contesto nazionale, poiché sembra che il novanta per cento degli stranieri non sia andato a lavoro.

Nelle altre città italiane lo sciopero non ha dato gli stessi risultati per varie ragioni… Innanzitutto perché non tutti i sindacati hanno aderito e comunque è difficilmente praticabile organizzare uno sciopero su base etnica. Poi c’è da dire che i lavoratori immigrati, oltre all’enorme quantità di quelli che lavorano in nero e che sono soggetti al caporalato, sono estremamente frazionati sia tra gruppi etnici diversi che a livello di dinamiche di sociali.



Questi motivi portano a riflettere sulle modalità organizzative di partecipazione attiva dei cittadini immigrati, che non possono fare riferimento prevalentemente alle organizzazioni italiane strutturate sul territorio, ma devono coinvolgere sempre più le comunità etniche, attraverso reti formali ed informali. Il tam tam su facebook, che ha in qualche modo attivato l'evento dello scorso anno, anche grazie al richiamo di altri paesi, Francia in testa, a cui si deve la primogenitura, dovrebbe e potrebbe essere il luogo dove far crescere un'antenna nazionale dei migranti.




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