GIORDANIA: IN PIAZZA CONTRO CHI?

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Il venerdi islamico delle proteste, la settimana scorsa, ha raggiunto anche la Giordania. Per le strade di Amman, dove circa 10000 persone hanno sfilato, c’era però un’aria diversa dalle strade insanguinate di altri paesi vicini. Si sentiva infatti il desiderio di un popolo alla ricerca di una vita migliore, la voglia di esprimere il proprio protagonismo come in Tunisia o in Egitto. La differenza però è che ad Amman le rivendicazioni non sembrano assumere una fisionomia ben decifrabile: l’unico elemento percepibile è il sentimento islamico, nel senso riformista del termine.

Innanzitutto c’è da dire che in piazza, come nella precedente manifestazione del 28 gennaio, c’erano tantissimi giovani, studenti e disoccupati, donne col velo e anche senza, anziani e bambini. C’era il Fronte d'azione islamico, organizzazione legata ai Fratelli Musulmani, che denunciano la necessità di urgenti riforme politiche ed economiche, come il Movimento comunista. Ma c’erano anche i sostenitori del Re che esponevano la sua icona.

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Ogni pezzo della manifestazione esplicitava una forma di dissenso contro lo status quo, che per alcuni si traduceva nell'aumento dei prezzi dei beni di prima necessità e l'elevato livello di disoccupazione giovanile, il tasso di povertà è al 25 per cento e quello di disoccupazione al 15 per cento, il 70 per cento dei sei milioni di abitanti ha meno di 30 anni. Tra le fila delle organizzazioni più filo palestinesi vi era chi accusava il Re di essere troppo dalla parte di Israele, quindi un’accusa alla politica estera del monarca e non tanto alla sua dimensione autocratica, infatti tra questi c’era chi auspicava una riforma della monarchia in senso costituzionale, ipotesi liquidata dal primo ministro poiché destabilizzante per gli equilibri istituzionali.

C’era poi chi si scagliava contro il governo di Maaruf Bakhit, che ha da poco ricevuto la fiducia del Parlamento. Per altri, invece, la principale fonte dei problemi del paese era nel Parlamento stesso, che non promuove le riforme economiche di cui si avrebbe bisogno. Parlamento a cui lo stesso Re Abdallah II ha chiesto un impegno maggiore dato il momento storico: «Il Parlamento gioca un ruolo chiave per correggere gli errori, accelerare le riforme politiche e socio-economiche globali, e rafforzare la fiducia del popolo nelle istituzioni pubbliche».

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La monarchia giordana, nel contesto dei regimi mediorientali, esprime una dinamica di potere non oppressiva come le altre dittature autocratiche, però una cosa non si comprende bene in questa vicenda… Perché se si va ad analizzare il sistema politico giordano si vedrà che le principali leve del potere sono in mano al monarca che nomina il primo ministro, firma le leggi, può porre un veto che può essere superato dai due terzi di entrambe le camere che compongono l'Assemblea Nazionale, nomina e rimuove i giudici per decreto, approva gli emendamenti alla Costituzione, dichiara guerra e comanda le forze armate. Il Parlamento quindi possiede uno scarsissimo potere di controllo sul sovrano.
Se così stanno le cose perché protestare contro il Primo Ministro o il Parlamento e non direttamente contro il sovrano?




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