LE DONNE RIFUGIATE MOLESTATE E VIOLENTATE CHE NON FANNO NOTIZIA

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By Marco Marano


Un rapporto di Amnesty Intenational denuncia le violenze perpetrate nei confronti delle donne che fuggono da guerre e persecuzioni e fa luce su un fenomeno di cui i media non si occupano, come se l'indignazione nei confronti della violenza di genere fosse riservata solo per gli eventi di Colonia.
 
Se i fatti di Colonia hanno destato sconcerto e indignazione da parte dell'opinione pubblica europea, lo stesso non si può dire per ciò che succede periodicamente, ormai da mesi, nei confronti delle donne rifugiate che attraversano la rotta balcanica per salvarsi la vita dai disastri bellici dei loro paesi. Il rapporto di Amnesty International, rivela fatti molto gravi e inquietanti che rientrano nell'ambito della lesione dei diritti umani: "violenze, aggressioni, sfruttamento e molestie sessuali in ogni fase del loro viaggio, anche all'interno del territorio europeo".
 
Se già di per sé  attraversare vari paesi, da un continente all'altro, perché la propria vita è in pericolo, rappresenta un trauma immenso per ogni essere umano, se poi ci si trova davanti ad un'Europa che erige muri per impedire alle persone di salvarsi la vita, per le donne che viaggiano da sole l'incubo è ancora più grande. Il costante senso di pericolo per il proprio corpo, ed il fatto che non possono denunciare a nessuno quello che avviene, perchè non c'è nessuno pronto ad ascoltarle e difenderle, ha aspetti così inumani, così crudeli che il fatto che nessuno ne parli rende questa tragedia ancora più disgustosa.
 
Gli attori di queste violenze nei confronti delle donne rifugiate, che affrontano il viaggio da sole o con minori, appartengono a tutte le categorie sociali che nel percorso di fuga vengono incontrati. Dapprima i trafficanti che a seconda del tipo di brutalità di cui sono portatori o costringono ad avere rapporti sessuali opppure offrono uno sconto o ancora un minore tempo di attesa per salpare verso il Mediterraneo...
 
 
Reem, 20 anni, partita dalla Siria con una cugina di 15 anni: "Non ho mai avuto la possibilità di dormire al chiuso, avevo troppa paura che qualcuno mi toccasse. Le tende non erano separate e ho assistito a scene di violenza... Mi sentivo più sicura quando ci muovevamo, soprattutto sui pullman, solo lì sopra riuscivo a chiudere gli occhi e ad addormentarmi. Nei campi è facilissimo essere toccate, non si può denunciare e alla fine ognuna vuole evitare di creare problemi che blocchino il viaggio".
 
Poi le forze dell'ordine. Rania, 19 anni, incinta, proveniente dalla Siria: "La polizia ungherese ci ha trasferiti in un altro posto, persino peggiore del primo. Era pieno di gabbie e non passava aria. Eravamo come in cella. Ci siamo rimasti per due giorni. Ci davano due pasti al giorno. I gabinetti erano peggio degli altri, era come se volessero lasciarli in quelle condizioni per farci soffrire... Il secondo giorno la polizia ha picchiato una siriana di Aleppo, solo perché aveva pregato di lasciarla andare via. Sua sorella ha provato a difenderla, lei parla inglese. Ma le hanno detto che se non stava zitta avrebbero picchiato anche lei. La stessa cosa è successa a un'iraniana, che aveva chiesto un po' di cibo in più per i suoi figli".
 
Infine i rifugiati uomini, che approfittano dell'assenza di separazione tra bagni femminili e maschili. "Alcune donne hanno subito violenza da parte di altri rifugiati o da parte di agenti di polizia, specialmente nei momento in cui il sovraffollamento dei centri faceva salire la tensione richiedendo l'intervento delle forze di sicurezza."
 
Maryan, 16 anni, proveniente dalla Siria: "Eravamo in Grecia. Abbiamo cominciato a piangere e a urlare, così è arrivata la polizia che ha manganellato tutti quanti, anche in testa. Io sono state colpita su un braccio. Picchiavano anche i più piccoli. Ho avuto un capogiro e sono finita a terra, con le persone che mi cadevano sopra. Poi mi sono ripresa. Piangevo, non trovavo più mia madre. Poi hanno chiamato il mio nome e ci siamo ritrovate. Dopo, ho mostrato a un agente di polizia il braccio dove ero stata colpita e quello si è messo a ridere. Allora ho chiesto un dottore e hanno detto a me e a mia madre di andare via".
 
 
Credit Reuters
 
 

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