I segnali del nuovo fascismo italiano: “scimmie africane”, e lo uccidono di botte. “Bestie islamiche”, il “Giornale” che istiga all’odio
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L’omicidio
di Emmanuel è uno dei frammenti di una rappresentazione sociale dove la
violenza è istigata dai professionisti politici dell’odio, che parlano di
invasione nei loro servizi televisivi facendo vedere immagini di immigrati che
dormono per terra…
By Marco Marano
Bologna, 7 luglio 2016 - Emmanuel
Chidi Namdi era un richiedente asilo nigeriano di 36 anni, fuggito dal suo
paese insieme alla compagna Chimiary, di 24 anni, poiché il suo villaggio cristiano era stato distrutto
e la figlioletta di due anni uccisa dal feroce gruppo jiadista Boko Haram. Viaggiarono
a lungo. Attraversarono il deserto del Niger, dove la ragazza perse il bambino
che aveva in grembo, poi la Libia e infine il Mediterraneo…
I due vennero accolti un anno fa da don
Vinicio Albanesi, presso il seminario vescovile di Fermo, un comune marchigiano
di 37 mila abitanti. In effetti lì il tema dell’accoglienza ai rifugiati come
quello dell’assistenza ai disagiati, vede le chiese della diocesi in prima fila
a fare un lavoro sul territorio davvero importante, secondo le direttive di
Papa Francesco, per emarginati, tossicodipendenti, migranti… Proprio per
questo, tra febbraio e maggio quattro di queste chiese sono state prese di mira
da ordigni esplosivi.
Don Vinicio, con la sua comunità di Capodarco, presidente
della Fondazione Caritas in veritate, è un vero e proprio parroco di confine, in una
provincia, quella marchigiana, che dovrebbe essere socialmente sviluppata. I
nuovi fascisti italiani lo definirebbero “buonista”… Emmanuel e Chimiary gli
espressero il desiderio di sposarsi in chiesa, ma non avendo ancora i
documenti, poiché la pratica di protezione internazionale non era stata ancora
evasa, il sacerdote decideva di utilizzare un rito medievale costruito sulla
promessa di matrimonio, così, da buoni cristiani, poterono dirsi marito e
moglie. Festeggiarono il loro matrimonio insieme ai 124 profughi, di cui 19
nigeriani, ospitati dalla fondazione.
Passeggiavano per le strade di Fermo, in quel assolato
e maledetto martedì 5 luglio, Emmanuel e Chimiary. Poi, una volta in via
Veneto, si sentirono chiamare da un gruppetto di fascisti, ultrà della locale squadra
di calcio. Erano annoiati, seduti in una panchina, così apostrofavano Chimiary
come “scimmia africana”. Emmanuel andò a chiedere spiegazioni. Ci fu una colluttazione.
Lo squadrista colpì ripetutamente l’uomo anche quando questo restò per terra
inerme, forse già in coma…
Emmanuel non ce l’ha fatta, è morto in ospedale tra le
lacrime di Chimiary. Così, mentre il sindaco di Fermo, Paolo Calcinaro, aspetta l’esito dell’inchiesta, invitando le parti ad
abbassare i toni per difendere il buon nome della cittadina, don Vinicio
annuncia che si costituirà parte civile, anche perché tra l’omicidio di Emmanuel
e gli attentati dinamitardi alle chiese potrebbe esserci un filo conduttore…
Prima però l’assassino dovrà essere preso, visto che allo stato attuale è
latitante.
Poi c’è l’altra storia invereconda, denunciata dall’Associazione Carta di
Roma, che riguarda le solite porcherie di istigazione all’odio razziale propinate
dal quotidiano il Giornale, dove il direttore, che tutto può essere considerato
tranne che un giornalista, titolava il giorno dopo la strage degli italiani a
Dacca in Bangladesh, “Bestie islamiche”. Per questo Carta di Roma e l’Associazione
studi giuridici sull’immigrazione hanno presentato all’Ordine dei
giornalisti della Lombardia un esposto in merito all’articolo che portava quel
titolo, in quanto “sono state rilevate in particolar modo le violazioni
dei principi di tutela della personalità altrui, di lealtà e di buone fede (art.
1 “Testo Unico dei doveri del giornalista”); del principio di rispetto dei
diritti fondamentali delle persone (art. 2 lett. b “Testo Unico”); del principio
di non discriminazione per motivi religiosi.”
Appena poche ore dopo la strage, sempre in una cittadina delle Marche, questa volta a San Benedetto del Tronto, due venditori di rose bangladeshi, venivano fermati da una squadra di improvvisati picchiatori. Ai due veniva chiesto di recitare dei versi del Vangelo, per poi essere pestati per bene. Mentre sui social qualcuno si premurava a dichiarare: “ma mica gli hanno tagliato la testa…” alcune organizzazioni non profit hanno organizzato una manifestazione esponendo cartelli con su scritto: “Anche noi non sappiamo il Vangelo”…
Fonti:
ANSA, il Manifesto, il Fatto Quotidiano, Gr2, Associazione Carta di Roma
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