Il dittatore, le spie e i terroristi tra le porte del Medio Oriente

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Il potere e la potenza distruttrice acquisiti dal dittatore islamico Erdogan, “democraticamente eletto”, è la vera rappresentazione della morte del modello politico europeo, che unisce asserzioni in difesa dei suoi defunti valori all’alleanza con questo leader criminale che quei valori li ha sempre calpestati.

By Marco Marano


Bologna,  22 luglio 2016 - Gli eventi che hanno caratterizzato i mesi a cavallo tra la seconda metà del 2015 e l’estate del 2016, rappresentano un punto di non ritorno della nostra storia contemporanea. Da un lato c’è l’inettitudine della classe politica europea incapace o disinteressata a salvaguardare i basilari principi su cui la stessa Europa è nata: democrazia, stato di diritto, coesione sociale, salvaguardia dei diritti umani e civili. Come controcanto vi sono le contraddizioni dell’area mediorientale, governata da guerre sempre più cruente, dittatori e autocrati corrotti. Sono proprio questi i migliori partners dei governi europei, i quali vendono armi ai paesi in guerra, fomentano le distruzioni sociali e ambientali e poi quando la gente perseguitata fugge, essi ergono muri e si chiudono in quella fortezza di avorio che si sono costruiti. Una fortezza che fa il verso a quella parte di opinione pubblica che trafitta dalla crisi economica e finanziaria, anziché vedere la causa del proprio disagio nell’incapacità delle classi politiche, funzionali ai grandi gruppi finanziari, individua nei migranti che fuggono il motivo della propria precarietà percepita prima che reale.

In questo contesto si erge il terrorismo del sedicente Stato islamico: Isis, Is, Daesh o come lo si voglia chiamare, che ha distrutto migliaia di vite innocenti in Europa come in Medio Oriente, in Africa come in Asia centrale. Le sue stragi vengono narrate come una guerra ai valori del sistema occidentale, mentre se di guerra si deve parlare questa è prima di tutto contro gli stessi musulmani, proprio nelle terre mediorientali. E’ una guerra di potere, invece, prioritariamente condotta contro i potentati arabi partners dell’occidente, che in Europa ha uno scopo promozionale, cioè quello di rinsaldare le fila e fare proseliti…

Poi ci sono i media mainstream occidentali che giocano un ruolo fondamentale nel “promuovere la guerra di civiltà” e nel raccontare i fenomeni migratori attraverso un processo di manipolazione semantica che ha ribaltato i piani di significazione: la sindrome dell’invasione, fenomeno quanto mai fuori dalla realtà. Il referendum sulla Brexit in Gran Bretagna è uno degli esempi tra i più inquietanti, dato che pezzi di popolazioni meno urbanizzate, meno scolarizzate e affette da analfabetismo funzionale, hanno votato per l’uscita del paese dall’Europa convinti che il loro problema fosse l’invasione dei migranti… E così anche in altre parti d’Europa vi è stata l’emersione di nazionalismi, nuovi fascismi ed un sentimento xenofobo e razzista che fa leva sugli istinti più primordiali e non sulla ragione, in una epoca iper-tecnologizzata e scientista.


La Turchia, paese membro della Nato, in qualche modo è diventato il polo d’attrazione e forse anche il luogo di sintesi di tutte queste contraddizioni, anche simbolicamente, dato che è quello che segna il confine geografico tra Europa e Medio Oriente. In pochi mesi in questo paese vi è stata un’accelerazione della trasformazione antropologica, in atto ormai da qualche anno, che segnerà una linea divisoria tra i processi storici. Un paese dove per un secolo laicismo e islamismo hanno convissuto nel segno del rispetto reciproco, ma dopo un ventennio di interposizioni, il suo leader islamico, eletto dalla metà del popolo musulmano, è riuscito ad affermare sulle istituzioni una cruenta dittatura, annientando la componente laica della società…

Questo dittatore è stato pagato dall’Unione Europea per impedire ai rifugiati di “invadere” l’Europa. Questo dittatore si è reso responsabile di atroci crimini contro l’umanità. Questo dittatore è considerato un partner affidabile dall’Unione Europea e degli Stati Uniti. Questo dittatore, attraverso la sua intelligence, è stato per anni partner di quel sedicente Stato islamico, che secondo i media occidentali ha dichiarato guerra all’Europa. I servizi segreti del MIT hanno attivato una strategia della tensione scaricata sugli oppositori e sul popolo kurdo, costruendosi una motivazione per poter fare man bassa degli uni come degli altri: dalla strage di Ankara al golpe pilotato. La crisi o la  morte del modello europeo, insomma, non sono simbolicamente rappresentate dalle stragi jihadiste ma dal potere e dalla potenza acquisite da questo dittatore…

Credits AP,Reuters





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