ISTANBUL: STORIA DI UN ATTENTATO ANNUNCIATO

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A poche ore dall’attentato all’aereoporto di Istanbul l’Emirato del Caucaso sembra essere l’organizzazione di provenienza degli attentatori. Il dato inquietante è che  alcuni dei suoi esponenti sono stati a lungo protetti come esuli dal governo turco, poiché ricercati dall’intelligence russa.

By Marco Marano



Bologna, 1 luglio 2016 – Sembra ormai chiara la matrice dell’attentato costato la vita a 42 persone e il ferimento di altre 230. I tre terroristi che si sono fatti esplodere ieri l’altro sono un russo di origine cecena un uzbeco e un kirghiso. Il russo, identificato come Osman Vadinov, sarebbe arrivato in Turchia da Raqqa, la capitale dell’Isis in Siria, nel 2015. Alcune fonti giornalistiche turche hanno in realtà smentito che Vadinov fosse russo ma originario del Daghestan, repubblica russa confinante con la Cecenia, collegato direttamente alla mente dell’attentato terroristico Akhmed Chatayev, ceceno ricercato da Mosca e considerato dalle Nazioni Unite come il referente dello Stato Islamico per l’addestramento dei jiadisti di lingua russa.

E’ certo straordinaria la coincidenza di questo attentato organizzato e condotto dalla filiale caucasica dell’Isis proprio quando il presidente autocrate della Turchia Erdogan si riappacifica con il leader russo Putin. Questo perché uno dei motivi dello scontro tra i due paesi che si è sviluppato negli ultimi mesi, rispetto alla guerra in Siria, è stata proprio la protezione data dalla Turchia agli islamisti dell’area legata alla Cecenia, dopo le vicende delle guerre d’indipendenza, dove vi fu ad un certo punto la convergenza tra indipendentisti e jiadisti,

Da queste vicende uscì fuori la figura di Doku Umarov, autoproclamatosi presidente dell’Ičkeria, cioè la Cecenia secessionista e poi emiro dell’Emirato del Caucaso. Dopo la sua misteriosa scomparsa nel 2014, l’Emirato si affiliò all’Isis, contribuendo alla crescita dello Stato Islamico nella guerra in Siria. Fatto sta che sia i jihadisti che gli indipendentisti orfani del generale Djokhar Dudajev, trovarono rifugio proprio a Istanbul.


Così, l’Intelligence russa, dal 2003, proprio in terra turca, andò a cercarli, facendone fuori alcuni, come Abdulvahid Edilgireev, l’ultimo in ordine di tempo, ucciso nel 2015. Ma nel febbraio di quest’anno il governo russo inviava una relazione della sua intelligence denunciando il sostegno del MIT, il servizio segreto turco, nei confronti dei jihadisti. E non solo, perché nello stesso documento si davano indicazioni sull’attività da parte del figlio di Erdogan circa la ricettazione del petrolio di contrabbando rubato dall’Isis e fatto arrivare dal confine siriano in Turchia, proprio attraverso il MIT. Così, poche settimane prima dell’attentato lo stesso inviava a sua volta al proprio governo un documento in cui si prevedeva a breve un attentato a Istanbul, probabilmente all’aereoporto…

Al di là di ogni dietrologia, siamo di fronte ad uno Stato turco i cui servizi di sicurezza per anni hanno organizzato e pianificato un sistema logistico in favore dei jihadisti proprio nella città di Istanbul, e adesso, che sembrano essere cambiati i rapporti di forza, i nodi vengono al pettine…



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