Dietro il sostegno americano al Si referendario potrebbe, per caso, esserci anche una guerra in corso?

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Cosa si nasconde dietro il sostegno della Casa Bianca al Premier italiano? Sono passati sessant’anni da quando un ambasciatore statunitense non prendeva posizione ufficialmente sulle questioni italiane, come ha fatto John R. Phillips. In pochi infatti ricorderanno il ruolo giocato da Clare Luce tra il ‘53 e il ‘56, protagonista della politica italiana e della firma del protocollo tra Sifar e Cia con cui nasceva Gladio. Sappiamo, ad esempio, che oggi in Libia si sta conducendo una guerra segreta per la gestione delle risorse…


By Marco Marano

Bologna, 15 settembre 2015 -  Cosa ha detto, in buona sostanza, l’ambasciatore Phillips ad un incontro sulle relazioni transatlantiche organizzato a Roma all'Istituto di Studi Americani? Tre cose fondamentalmente… Innanzitutto che «Il referendum offre una speranza sulla stabilità di governo per attrarre gli investitori», poi che «il Paese deve garantire stabilità politica. Sessantatrè governi in 63 anni non danno garanzia»;  e infine che «Renzi ha svolto un compito importante ed è considerato con grandissima stima da Obama, che apprezza la sua leadership». Per cui gli asset di questo ragionamento sono: stabilità, economia (neoliberista ndr) affidabilità.

«Ma questa non è una  Repubblica è un  indovinello!» Sono le parole pronunciate nel 1956 dall’allora ambasciatrice statunitense in Italia Clare Boothe Luce, nominata dal Presidente Dwight Eisenhower, detto Ike, venuta in soccorso al centrismo degasperiano che stava per volgere al termine, seppellito dalla corrente dc di Iniziativa Democratica, aperta ai socialisti, del giovane Amintore Fanfani. Quella frase, nello specifico venne proferita in seguito ai 5 governi che si erano succeduti nel giro di tre anni: De Gasperi, Pella, Fanfani, Scelba, Segni. La stabilità italiana è stata sempre molto a cuore agli Stati Uniti, poiché proprio quella garantisce gli altri due asset.

Se le parole d’ordine in sessant’anni non sono cambiate, in quel tempo la cornice che racchiudeva la strategia atlantica era l’anticomunismo, di cui la Signora Luce ne era estrema paladina. La sua azione diplomatica era infatti finalizzata a “Demagnetizzare”, cioè a contenere l’influenza del partito comunista in Italia, mentre oggi gli eredi di quel partito, anche se con qualche mal di pancia, sono guidati da un Premier la cui leadership, come sottolinea Phillips, è apprezzata dall’attuale Presidente USA. Capricci della storia…

Clare Luce, nei suoi tre anni di incarico diplomatico in Italia, dal 1953 al 1956, non solo interveniva attivamente su tutte le questioni interne, ma aveva un incarico preciso, cioè quello di attivare ufficialmente il “Doppio Stato”. Un sistema politico parallelo al cui centro vi erano pezzi della Democrazia Cristiana degasperiana, ex gerarchi fascisti operanti all’interno di nuove cellule, l’apparato militare, e gran parte del sistema industriale. I suoi collegamenti con la CIA, distanza in Italia, attraverso il referente William Colby, le permisero di far fluire denaro verso la messa a punto del Sifar, il cui capo divenne nel ’55 quel generale che qualche tempo dopo sarà protagonista di un tentativo di golpe: Giovanni de Lorenzo.

Da Villa Taverna, la sua residenza romana, l’Ambasciatrice guidava le pedine ospitando personaggi che nel nome dell’anticomunismo erano stati individuati per contribuire a condizionare la vita politica italiana: l'ex ministro fascista Dino Grandi, Edgardo Sogno, Leo Longanesi e Indro Montanelli, suo instancabile ammiratore. Proprio quello che viene oggi identificato come il padre del giornalismo italiano (Dio ce ne scampi), la voleva convincere, nel 1954, a mettere su una organizzazione segreta, se ne è appreso da alcune lettere uscite fuori qualche anno fa, tesa ad organizzare un colpo di Stato nel caso in cui i comunisti vincessero le elezioni…  L’ambasciatrice rifiutò le avance di Montanelli poiché il suo incarico  era leggermente diverso. Così il 28 novembre 1956 venne firmato un protocollo d’intesa tra Sifar e Cia che ufficialmente dava vita all’organizzazione Gladio:

«Il Servizio Informazioni Italiano ed il Servizio Informazioni USA concordano vicendevolmente di collaborare nella organizzazione, nell’addestramento e nell’attività operativa del complesso clandestino post-occupazione (stay-behind) Italo-Statunitense progettato per entrare in attività nel caso di occupazione del territorio italiano da un’aggressione nemica diretta contro la sicurezza delle potenze NATO. Il sistema comprenderà  reti addestrate per poter operare nei seguenti campi: Informazioni; Sabotaggio; Evasione e fuga; Guerriglia; Propaganda. Tanto il Servizio informazioni Italiano quanto il servizio Informazioni USA concordano inoltre di impiegare le più rigorose precauzioni di sicurezza in tutte le fasi dell’attività.»

Sullo sfondo degli asset “stabilità, economia neo-liberista, affidabilità” oggi si sta giocando una partita diversa, che vede sempre come protagonisti i servizi segreti italiani dell’AISE: la guerra segreta in Libia, tema praticamente assente nelle gerarchie delle notizie dei media mainstream. Naturalmente non possiamo sapere se dietro le dichiarazioni dell’Ambasciatore Phillips vi sia la spartizione delle risorse in Libia che vede Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia anch’esse in pole position con operazioni militari pianificate dai rispettivi servizi segreti, ma è gioco forza che gli sviluppi economici prodotti dalle guerre creino economia e partnership. Laddove un paese non si rende affidabile, poiché le leadership cambiano frequentemente, i piani atlantici possono confondersi non poco e questo non conviene a nessuno…






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