LIBANO: UNA STORIA INFINITA

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Erano in 4000 venerdi scorso per le strade di Beirut, in prevalenza giovani, che inveivano contro il regime, chiedendo l’abolizione del sistema di potere. Già, perché la realtà sociale del Libano è qualcosa di estremamente diversa da quella dei paesi autocratici del nord Africa, dove è esplosa la rivolta in questi mesi. In Libano non vi è un dittatore ma un sistema diviso tra diciotto comunità confessionali frammentate tra cristiani e musulmani.



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Il sistema confessionale è insomma il principio su cui è costruita tutta la società libanese sia dal punto di vista della rappresentanza politica e istituzionale che amministrativa, attraverso quote predeterminate di accesso agli incarichi pubblici in relazione alla rilevanza sociale e demografica di ogni confessione. Questo sistema è stato istituzionalizzato nel 1943, quando la Francia concesse l’indipendenza a quello che era il protettorato del Grande Libano. Attraverso una “Convenzione costituzionale", una sorta di emendamento alla Costituzione del 1926, veniva siglato il “Patto Nazionale”, per cui le più alte cariche dello stato dovevano essere maronita, sunnita e sciita.

Negli ultimi quarant’anni questo sistema di potere è stato al centro del conflitto arabo-israeliano, con una guerra ventennale, iniziata nel ’70 con “Settembre nero”. Al centro di tutto continuano ad esservi le lotte intestine per il potere, dinamica endemica al tessuto sociale, in una repubblica che ha un altissimo numero di giovani scolarizzati, e dove corruzione e disoccupazione sono assiomi del sistema paese.


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Il punto sorgente di questa ultima crisi risale al 2005 quando venne ucciso il sunnita Rafiq Hariri, molto amato dal popolo, di cui sembrano responsabili gli sciiti Hezbollah. Il 26 gennaio scorso manifestazioni e scontri con la polizia sono stati innescati a causa della formazione del nuovo governo affidato al  Najib Miqati, con una cinquantina di feriti tra cui militari e agenti della polizia. "La giornata della rabbia", così è stata ribattezzata la protesta, ha visto in prima linea i sostenitori del premier uscente Saad Hariri, figlio del leader sunnita ucciso nel 2005, che si oppongono al nuovo primo ministro proprio perchè appoggiato da Hezbollah. E la storia continua...

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