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Visualizzazione dei post da aprile, 2011

UNO SPETTRO S’AGGIRA PER L’EUROPA: IL NAZIONALISMO ETNICO

foto PeaceReporter Gyöngyöspata è una cittadina di 2800 abitanti a ottanta chilometri da Budapest. Lì vi è o per meglio dire vi era una comunità rom di circa 450 persone. La settimana scorsa le ronde del Véderö, un gruppo paramilitare legato al partito di estrema destra Jobbik, che alle elezioni politiche del 2010 ha guadagnato il 17 per cento dei voti, ha intrapreso una “caccia armata ai nomadi”. Per giorni decine di uomini armati di spranghe, bastoni, catene ed armi con proiettili di gomma, sono stati artefici di aggressioni per le strade e assedi alle abitazioni, in ottemperanza all'ordine del partito, che ha nel suo programma politico combattere la “criminalità degli zingari”. C'è da dire che l'organizzazione paramilitare aveva costruito un campo di addestramento proprio all'interno della cittadina, dove venivano simulate azioni di guerriglia urbana con strategie di pulizia etnica. Venerdi scorso la Croce Rossa internazionale è riuscita ad organizzare diversi pulm

SIRIA: “NON ABBIAMO PIU’ PAURA!”

foto lastampa.it Mentre il mondo cristiano festeggia la pasqua, nelle città siriane diventa difficile contare i morti. E’ un vero e proprio bollettino di guerra. Dal venerdi della collera le forze d’assalto siriane ormai conducono una guerra spietata contro la popolazione inerme. Si perché le uniche armi utilizzate dai “ribelli” sono le parole e la rabbia di chi non ce la fa più a vivere senza diritti né libertà. “Non abbiamo più paura” grida la gente per le strade, mentre i mortai gli sparano addosso. Così, i corpi lasciati per le strade, poiché nessuno ha la possibilità di raccoglierli e seppellirli, danno il senso di una immane tragedia, che fino a questo momento è soltanto stigmatizzata dalla comunità internazionale. Intanto basta camminare per la strada per essere preso di mira dai militari. Nemmeno le autoambulanze non possono circolare poiché anch’esse diventano facili bersagli. Ma la cosa ancora più raccapricciante è che ormai si spara anche dentro le case, questo a signifi

UGANDA: E' INIZIATA LA RIVOLTA

foto Adnkronos Il vento della rivolta inizia a scendere verso la parte centrorientale del continente africano. Negli ultimi dieci giorni le strade di Kampala, capitale dell’Uganda, sono state attraversate da un grande movimento di protesta contro il neoeletto Presidente Yoweri Museveni, al potere da venticinque anni. Il bilancio degli scontri non è univoco tra le fonti d’informazione: comunque sembra ci siano 4 morti, 150 feriti e un centinaio di arresti, tra cui i maggiori esponenti dell’opposizione, compreso lo sfidante alle ultime elezioni di febbraio Kizza Besigye, principale avversario del Presidente ugandese. foto Reuters Gli eventi stanno precipitando ora dopo ora, ed il livello di tensione nel paese è sempre più alto. Il culmine, fino a questo momento, è stato raggiunto lunedi scorso, giorno in cui è stata indetta una manifestazione nella capitale con un titolo estremamente indicativo: “Walk to Work”, per affermare il diritto al lavoro e alla sicurezza economica, dim

Niente governance nè virtù in questa Europa chiusa ai migranti

foto Adnkronos C’è una linea di congiunzione tra  la dimensione sociale e politica dell’odierna Europa e quello che succede in Africa, anzi si potrebbe dire che l’una determina l’altra. In questi ultimi mesi, da quando sono state innescate le rivolte popolari in medioriente, che hanno generato gli esodi di massa verso l’Europa, alcuni fatti, se venissero collegati, costituirebbero uno scenario interessante su cui riflettere. Partiamo dal concetto di “governance europea”. Dopo gli anni della Strategia di Lisbona, che voleva un’Europa basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile, con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale, e dopo le grandi manovre per una “Costituzione europea” fondata sui principi di giustizia e di inclusione, quello che rimane è una protezione sempre più accesa delle singole prerogative nazionali, soprattutto in termini di stabilità economica. foto ANSA E’ infatti

CHI HA AMMAZZATO VITTORIO?

foto ANSA Vittorio Arrigoni era un uomo giusto. Era un cronista della pace. Uno di quei personaggi che esprimono qualcosa di epico nel loro modo di essere giusti. Il suo slogan era: "Restaiamo umani", perchè diceva che "non esistono bandiere, tutti apparteniamo alla stessa famiglia umana". Quando un uomo così viene ammazzato qualcosa irrimediabilmente si rompe, e da quel momento non potrà più essere lo stesso. E questo pensiero si rafforza ancor di più guardando le immagini che arrivano dalle strade di Gaza dove la gente è scesa a manifestare con l'effige di Vittorio tra le mani. La sua morte crudele riporta alla mente l'uccisione di tanti uomini giusti, in un paese profondamente ingiusto come l'Italia; due nomi per tutti: Peppino Impastato, il giornalista di Radio Out ucciso dalla mafia nel 78 a Cinisi e Giancarlo Siani, il cronista del Mattino ucciso dalla camorra a Napoli nell'85. Anche loro erano "cronisti della pace". Anche per

COSTA D’AVORIO: LA FOLLIA DI UN DITTATORE CADUTO

foto Reuters Erano circa le 15 di ieri, in Costa d’Avorio, quando in una stanza dell’Hotel du Golf, il quartier generale di Laurent Gbagbo, dove per 11 giorni ha resistito all’assalto militare delle forze speciali francesi e dell’ONU, il Presidente golpista si consegnava ad un gruppo di uomini non identificati, facenti parte dell’esercito irregolare del Presidente legalmente eletto Alassane Ouattara. Insieme a questo gruppo armato vi era anche un cameramen della televisione ivoriana TCI che riprendeva le immagini della resa. Gbagbo era visibilmente stanco e frastornato, seduto sul letto, in canottiera, insieme alla moglie Simone e al figlio di primo letto Michael. Veniva fatto alzare e con movimenti lenti il figlio gli passava un’asciugamano per togliersi il sudore della fronte, mentre un altro uomo lo aiutava ad indossare una camicia, con la moglie che osservava la scena sbigottita. foto AFP Una immagine surreale di un uomo e di una donna che, attraverso l’occhio della telecamera,

QUEI MIGRANTI FIGLI DI NESSUNO

foto ANSA Ogni qual volta che un fatto luttuoso emerge nelle cronache quotidiane, che sia un terremoto, uno tzunami, un atto terroristico, ogni qual volta, insomma, la morte di massa diventa evento, lo stupore, la rabbia, la tristezza, il sostegno ai governanti di quel paese, si fa sentire forte come un grido di dolore di tutta la comunità internazionale. E allora si innescano gare di solidarietà, piuttosto che atti di partecipazione al dolore nazionale, da parte di altre nazioni o di altre comunità, soprattutto se geograficamente più vicine. Solo in un caso la morte di massa cade nell’oblio, se a morire cioè sono dei migranti. foto ANSA   Sono passati solo pochi giorni dal compimento di una vera e propria strage nel cuore del mediterraneo, dove 250 esseri umani hanno perso la vita: uomini, donne, bambini, uccisi dal mare mentre fuggivano dalla guerra e dalla miseria. Eppure nessuna parola di dolore, di solidarietà, nessun atto di partecipazione nazionale, nessuna raccolta fondi

COSTA D'AVORIO: LE FORZE INTERNAZIONALI ENTRANO NEL CONFLITTO

foto la repubblica.it Abidjan ormai è a ferro e fuoco. Gruppi armati si sparano addosso in una città fantasma dove non circola più nessuno, anche perché, come ormai da dieci anni, la popolazione viene presa di mira dalle parti avverse. Le condizioni igenico-sanitarie sono problematiche, manca l’acqua e l’elettricità: è una vera e propria crisi umanitaria. Parliamo al telefono con Cristell, nome di fantasia, residente a Bologna, dove ha ricevuto la protezione internazionale: “Ho parlato proprio ieri con mia zia, mi ha detto che insieme ai miei cugini sono riusciti a scappare in un villaggio vicino Abidjan, perché lì si rischia troppo. Ci sono soldati che entrano nelle case, ammazzano gli uomini e violentano le donne…” La ragazza scoppia a piangere mentre ci racconta della sua famiglia. “I miei cugini sono tre mesi che non vanno a scuola, non si può camminare per le strade perchè è troppo rischioso… Adesso sono costretti a razionare il cibo, perché non c’è come procurarselo”. fo

LA PROTEZIONE UMANITARIA PER USCIRE DALL'ABISSO

foto corriere.it Non sembra possibile credere a quello che sta succedendo in Italia, però succede veramente. Ormai le notizie che ogni giorno ci giungono sono così assurde che si stenta a credere che in questo "bel paese" esista una classe politica così scadente, una classe politica che non sa cosa fare nel contesto delle rivoluzioni in nord Africa. Qui il problema non è più essere di destra o di sinistra, perchè di fronte ad "emergenze epocali", così come lo stesso establishment italiano lo ha definito, occorrono tre cose indispensabili: buon senso, responsabilità e strategie. Già, se il governo italiano ne possedesse almeno una di queste tre cose sarebbe un grande passo in avanti, ma qui siamo di fronte ad un vero e proprio abisso culturale in termini di civiltà giuridica e politica... foto la repubblica.it Vediamoli gli elementi di questo abisso. Partiamo dall'ultimo, la visita di oggi in Tunisia del capo del governo italiano col suo ministro degli In