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DALLA SIRIA ALLA SLOVENIA


Mentre 130.000 siriani sono in fuga per salvarsi la vita dalle bombe russe, al vertice di Bruxelles si decide la necessità di rallentare il flusso dei rifugiati per non farli entrare in Europa.

By Marco Marano


Gaziantep è una città turca della regione dell'Anatolia sud orientale, proprio al confine con la Siria. E' lì che che ha creato il proprio quartier generale un Forum di 47 organizzazioni non governative, tra cui Human Rights Watch. Ieri è stato diramato un inquietante comunicato, fatto pervenire alle agenzie di stampa, dove si denuncia che l'offensiva in Siria degli eserciti pro Assad, sia di terra, ma soprattutto aerea, guidata dalla Russia, colpisce ripetutamente “bersagli” civili. Questo ha prodotto l'ingigantirsi di un esodo di circa 130.000 persone, che stanno cercando di fuggire per mettersi in salvo dai bombardamenti.
 
 
«I raid continuano a prender di mira aree dove c'è un'altra concentrazione di civili. Scuole, ospedali e mercati sono a rischio... Nei giorni scorsi sono stati colpiti centri sanitari che lavorano grazie al sostegno delle Ong locali... I combattimenti sul terreno hanno causato nuovi rischi per i civili, destabilizzando zone che erano state relativamente stabili e sicure. Questa nuova realtà ha costretto almeno 129mila civili a fuggire da Aleppo, Idlib e Hama... Ci sono civili rimasti intrappolati nelle città di Aleppo e Homs. E numerose Ong hanno dovuto sospendere le loro attività».
Nella sola Aleppo, città cardine della strategia offensiva della Russia, nei giorni scorsi il Coordinamento umanitario dell'ONU (OCHA), ma anche fonti mediche, individuavano un numero variabile tra 50 e 70 mila persone in fuga, dalla zona sud della città.
 
 
 
 
 
In questo contesto, una singolare drammaturgia legata al gioco delle parti viene imbastita a livello internazionale.... C'è il Cremlino che continua nelle sue smentite che non smentiscono, accusando Human Rights Watch di manipolare la realtà, come se fosse un soggetto politico, parte in causa nella guerra siriana. Così dichiara il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, alle agenzie di stampa: «Conosciamo un gran numero di rapporti, notizie infondate, informazioni intenzionalmente fatte trapelare ai media sulle, per così dire, conseguenze dei raid aerei russi».
 
Poi l'incontro a Damasco sulle trattative per la transizione del paese, tra Assad ed il Ministro degli esteri dell'Oman, Yusuf bin Alawi, attuale mediatore in quanto unico alleato degli USA che mantiene buoni rapporti con l'Iran. In questa sede il dittatore siriano ha dichiarato che l'ipotesi di elezioni saranno possibili solo dopo aver sconfitto il terrorismo, senza specificare se per terrorismo s'intende l'Isis o anche i gruppi che combattono sul territorio, come le Forze Democratiche Siriane, un cartello di 13 organizzazioni, che nei giorni scorsi hanno sottoscritto un documento, dove si dichiara che la lotta contro Assad è finalizzata alla costruzione di una Siria democratica: «...Questo passo in avanti verso la democrazia permetterà l’unità democratica di tutti i popoli siriani sulla base della libertà delle donne. Il nostro obiettivo fondamentale è la fondazione della Siria democratica».
 
 
 
 
Ma c'è anche il vertice di domenica a Bruxelles, tra la Commissione europea e gli undici paesi interessati alla rotta balcanica, otto membri UE, dalla Grecia alla Germania, e tre candidati, come Macedonia, Serbia, e Albania. Da questo incontro è uscito un documento di 17 punti, in cui da un lato si afferma la necessità del trattamento umano da riservare ai rifugiati, in linea con la convenzione di Ginevra e i trattati internazionali, dall'altro però si accentuano gli elementi di tipo securitario, stabilendo misure restrittive, e giocando ancora sull'equivoco di differenziare chi ha diritto all'asilo e chi no, come se il fenomeno epocale della guerra in Siria riguardasse anche i cosiddetti "migranti economici".
 
 
 
 
E' stata fissata la designazione di "punti di contatto" nazionali, che dovranno comunicare sul numero di migranti che arrivano e partono. Inoltre, le persone non registrate, non potranno avere diritto all'accoglienza. E ancora, rientra in scena Frontex, l'agenzia dell'UE che da sempre rappresenta la logica della Fortezza, con una dichiarazione emblematica del premier croato Zoran Milanovic: «Abbiamo concordato che Frontex debba arrivare alla frontiera tra Croazia e Serbia, a guardia dei confini esterni dell’Unione europea. Ciò dovrebbe, in teoria, rallentare il flusso delle persone perché imporrebbe una procedura d’ingresso più rigorosa. Ovviamente, ciò presumendo che il sistema funzioni, dalla Grecia alla Macedonia e in Serbia».
 

 
 
 
Infine il flusso dei rifugiati sulla rotta balcanica, in fuga dalla Siria, si fa sempre più imponente, negli ultimi due giorni tra Croazia e Slovenia sono arrivati quasi 25.000 persone e l'UNHCR, l'agenzia ONU per i rifugiati, denuncia che con l'arrivo del freddo invernale le lente procedure e l'assenza di centri di accoglienza produrranno problemi non da poco, dal punto di vista umanitario.
 
 
 
 
Foto credit ANSA
 
 

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