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La strategia della tensione del giornalismo black bloc



Hanno raccontato di tafferugli alla Bocca della verità che non ci sono stati: le cose sono andate in modo diverso.


di Marco Marano

Roma, 26 marzo 2017Il corteo di protesta “Eurostop” per la ricorrenza dei trattati europei a Roma, svoltosi nel pomeriggio del 25 marzo, ha visto il dispiegamento del giornalismo mainstream, “in tenuta antisommossa”, impegnato a raccontare di inesistenti tafferugli causati da imprecisati antagonisti nel pezzo finale del corteo, alla Bocca della verità. In realtà le cose sono andate in modo assai differente, in un surreale scenario dove tra lo schieramento della polizia e i manifestanti c’era un vero e proprio cordone di fotografi e cameramen desiderosi di raccontare qualcosa che non è mai avvenuto. Ma partiamo dall’inizio…


Il corteo radunato a Porta San Paolo, alle spalle della Piramide, doveva partire alle 14,00. Già dall’inizio era palpabile l’attenzione della stampa nazionale e internazionale, con un imponente dispiegamento di giornalisti armati di caschi protettivi con su scritto press e addirittura qualche maschera antigas. C’erano tutti i network nazionali, generalisti e di all news, come anche le grandi agenzie come Reuters e AFP, e  ancora le televisioni di vari paesi europei e persino asiatici. L’attesa era spasmodica e da subito si è capito come c’era una strana voglia di drammatizzare una manifestazione piena di giovani, migranti, vecchi militanti della sinistra, femministe, con striscioni di sigle comuniste e anticapitalistiche. Su tutti primeggiavano le bandiere Usb, tra i promotori del corteo.


Le decine e decine di poliziotti in tenuta antisommossa, avevano cinturato la zona, ma il corteo ancora alle 15,00 non partiva. Il motivo sembra che riguardasse un fatto avvenuto al casello di Roma nord: tre autobus, tra le 11,00 e le 12,00, provenienti, in momenti differenti, da Torino, Venezia e Vicenza, con più di 150 persone a bordo, venivano fermati e dirottati al Cie di Tor Cervara: erano prevalentemente attivisti No tav. Le dirette televisive e web davano questa notizia, raccontando di una situazione di tensione che nella piazza era assolutamente inesistente. Poi Tana Loriola, del Movimento No Tav Val di Susa, veniva circondata da una quindicina di giornalisti poiché riusciva a mettersi telefonicamente in contatto con alcune persone dentro la struttura detentiva. In viva voce un’attivista spiegava che, senza motivi plausibili, più di 150 persone venivano dirottate al Cie: in uno di questi pulman era stato trovato un coltellino per tagliare del formaggio, mentre in un altro una maschera antigas. Alla struttura gli avvocati non riuscivano ad accedere: già venivano emessi un imprecisato numero di fogli di via...  Nel frattempo i fermati inscenavano una protesta dentro lo stesso Cie, con gli striscioni che avevano portato per la manifestazione: “Siamo di fronte – esclamava Tana Loriola – alla violazione del diritto a manifestare… Senza alcuna ragione 150 persone sono state portate al Cie, con la scusa di un coltellino…”


Alle 15,30 il corteo riusciva a partire, ed il piccolo esercito di giornalisti si posizionava tra la testa con “l’Unione Sindacale di Base” ed il cordone iniziale delle forze dell’ordine, mentre altri cordoni chiudevano tutte le vie d’accesso lungo il percorso del corteo. I manifestanti proseguivano serenamente urlando i loro slogan, mentre osservavamo alcuni colleghi giornalisti che sembravano delusi per la tranquillità circostante, altri con i microfoni in mano e cameramen a seguito si dimenavano alla ricerca dello scoop.




E così che la manifestazione entrava a Testaccio, un quartiere che per giorni era stato terrorizzato dai mezzi d’informazione per una devastazione imminente. Negozi sbarrati e tante persone dalle finestre che riprendevano i circa 5000 manifestanti: camminavano e inveivano contro l’Europa delle oligarchie e dei tecnocrati. 








Sfilava la “Sinistra Anticapitalista Ecologista Femminista Rivoluzionaria”, poi lo striscione delle “Vittime del regime nazista di Kiev”, c’era anche il “Fronte di liberazione del popolo dello Sri Lanka”, le bandiere del “PCI” e della “FGCI”, il pezzo dell’Usb dove vi erano i migranti, il “Comitato di Liberazione Nazionale”, i “No Tav”, vari gruppi sparsi di antagonisti, e il pezzo finale degli studenti della “generazione ingovernabile”, quelli che secondo il giornale “Il Messaggero” era “più affamata di scontri”. In realtà avevano il loro furgone, i loro striscioni e i loro slogan: niente visi coperti, niente “stalini”, cioè i bastoni di attacco, ma solo cordoni di braccia.


Sul lungo Tevere la vista d’occhio del corteo aveva il sapore di una festa di popolo, fra sorrisi e rabbia: due volti di una stessa medaglia.


Poi avveniva un fatto strano, perché gran parte del corteo arrivava in Piazza Bocca della verità, fermandosi in attesa di capire se concludere lì la manifestazione, con una sorta di comizio, o proseguire per chiudere al Circo Massimo. Ecco che anche l’ultimo pezzo, quello degli studenti, si fermava aspettando che davanti continuassero a defluire. Sembrava che la manifestazione stesse per volgere al termine, quando una decisione della polizia, assolutamente inaspettata,  innescava il panico.


Dalla fine del primo pezzo del corteo si scorgevano i mezzi delle forze dell’ordine, camionette e camion con un idrante, nonché una cinquantina di poliziotti, spostarsi velocissimamente verso il furgone degli studenti. C’è chi urlava “Stanno caricando…!” Anche noi, che avevamo già riposto la macchina fotografica, ci fiondavamo in avanti. Il piccolo esercito dei colleghi giornalisti indossava il casco “press” e un paio di loro le “accorte” maschere antigas: sembrava che si trovassero a Mosul o ad Aleppo… Forse ci siamo, forse si può finalmente raccontare di uno scontro.


La scena che ci appariva innanzi sapeva davvero di commedia dell’assurdo, poiché la polizia decideva ad un certo punto di isolare gli studenti dal resto della manifestazione per impedirgli di concludere il percorso insieme agli altri. Sembrava che appositamente fossero proprio loro a cercare uno scontro con i ragazzi che li precedevano. Immediatamente la situazione si faceva paradossale poiché tra la polizia e gli studenti, proprio in mezzo, si creava un vero e proprio cordone di giornalisti, fotografi e cameramen che riprendevano le forze dell'ordine, come se stessero ad aspettare la carica.



Dall’altoparlante degli studenti qualcuno urlava di non cedere alla provocazione e mantenere la calma. Ma gli studenti non sembravano avere nessuna intenzione di “cadere nella trappola”. Si stringevano gli uni agli altri e iniziavano a gridare in coro che volevano continuare la manifestazione: “Corteo! Corteo! Corteo!” I giornalisti in tenuta antisommossa si sbracciavano… Chi era in diretta commentava: “La tensione è alta… Ci sono stati tafferugli tra gli antagonisti e la polizia…!” Così, da quel momento in poi, questa diventerà la realtà. Sempre “Il Messaggero” riportava il giorno seguente che era stata l’USB a chiedere che gli studenti venissero emarginati dalla manifestazione, cosa assolutamente falsa, dato che proprio gli organizzatori del sindacato di base andavano a chiedere spiegazioni ai referenti della Digos, i quali rispondevano nervosamente: “Il problema non siete voi! La cosa non è diretta contro di voi!”


Dopo una quindicina di minuti, mezzi e cordone della polizia indietreggiavano: decidevano che gli studenti potevano ricongiungersi con gli altri, lasciando un amaro in bocca a quei colleghi giornalisti che potevano togliersi i caschi press e le maschere antigas. Però qualcosa si doveva pur raccontare, quindi le cronache, tra giornali e televisioni mainstream, riportavano pressappoco i fatti così narrati: “La polizia è riuscita a mantenere la calma e non rispondere alle provocazioni degli antagonisti, controllando la situazione: solo tensione e qualche tafferuglio…”


Credits Marco Marano



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