NOTIZIARIO
MEDIORIENTALE di
Marco Marano
Hamas e Fatah si riconciliano sulla
striscia di Gaza e nel frattempo Israele minaccia il Libano. Mentre la Turchia
continua ad inviare truppe in Siria, stigmatizza l’indipendenza del Kurdistan
iracheno, sotto attacco da Bagdad.
Bologna,
13 ottobre 2017 – La
riconciliazione palestinese tra Hamas e Fatah arriva dopo un conflitto interno
che dura dal 2007. Nel 2011 c’era stato un accordo tra le due organizzazioni
mai messo in atto. Una notizia che arriva nel quadro della sistematica
instabilità mediorientale, tra Israele che preannuncia venti di guerra non
soltanto nei confronti di Hezbolla ma anche contro il governo libanese e la
Turchia che infittisce la sua presenza militare in Siria. Altre minacce
arrivano nei confronti del Kurdistan iracheno sia dal governo di Bagdad che dai
paesi confinanti Turchia e Iran, mentre sempre in Iraq il popolo yazida, che
appoggia l’indipendenza kurda, chiede a sua volta autonomia territoriale.
La
riconciliazione palestinese
Una
stretta di mano
che forse passerà alla storia quella tra Saleh al-Arouri, vice capo
dell'ufficio politico di Hamas e Azzam al-Ahmad capo delegazione dell’Autorità
palestinese. Hanno firmato l’accordo di pace interno alla Striscia di Gaza ieri al
Cairo. In realtà un tentativo di pacificazione tra le organizzazioni, che rappresentano le anime della Cisgiordania, era stato approntato nel 2011, ma
l’accordo restò sulla carta. Quello di ieri invece sembra porterà alla riunificazione
politica di un territorio permanentemente sotto assedio da Israele. Entro
un anno dovrebbero tenersi, quindi, le nuove
elezioni degli organi istituzionali: legislative, presidenziali e del
Consiglio nazionale. Ma per arrivare al processo elettorale le due
organizzazioni formeranno un esecutivo provvisorio.
Hamas
ha governato
in modo autonomo la Striscia di Gaza dal 2007 quando vinse le elezioni nei
confronti di Fatah, il quale, rifiutandosi di riconoscerle, avviò
una stagione di conflitti, che certo non hanno giovato alla terribile
situazione in quella lingua di territorio trasformata da Israele in una
prigione a cielo aperto. C’è anche da dire che le differenze tra i due movimenti palestinesi hanno favorito questo conflitto interno visto le visioni ideologiche divergenti. Fatah è l’organizzazione laica di Yasser Arafat, che nei confronti di Israele si muove in
termini negoziali, riconoscendo lo Stato ebraico, determinato a costruire lo Stato palestinese sui confini del 1967.
Hamas invece è di fede islamica, crede nella resistenza armata non riconoscendo Israele, pur accettando
anch’esso i confini del 1967.
L’invasione
delle truppe turche
La
presenza militare turca in Siria si fa sempre più massiccia. Negli ultimi
giorni 12 veicoli corazzati stanno
percorrendo le linee settentrionali del paese. Formalmente questa nuova operazione militare turca rientra
negli accordi di Astana con Russia e Iran, riguardo alle zone di de-escalation. La destinazione di questi convogli dovrebbe
essere Idlib nella parte nord
occidentale della Siria. Ma allo stato attuale, come sottolineato ieri da
Al-Jazeera, si trovano nella periferia di Aleppo.
Idlib attualmente è nelle mani di Hayat Tahrir al-Sham, un'alleanza di
gruppi armati anti Assad. La cittadinanza vive nel terrore di una recrudescenza
tra le due parti. La presenza della Turchia sarebbe funzionale ad evitare
proprio questa eventualità. Ma gli obiettivi del sultano Erdogan sono ormai
palesi: reprimere le istanze kurde
del Rojava, che si trova a breve distanza da Idlib. Inoltre c'è da tamponare l’atavico nemico Assad, pur essendo alleato di Russia e
Iran, con cui la Turchia ha firmato l’accordo.
Deir
Az Zor ago della bilancia
La guerra sul campo contro l’Isis vede
ancora il sacrificio della popolazione civile di Deir Az Zor, dove imperversa la battaglia con le forze
kurdo-arabe delle SDF. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, con
sede a Londra, ieri si è consumata l’ennesima
tragedia al confine tra le provincie di Deir Az Zor e Hasaka poiché tra le
decine di vittime c’erano, oltre ai combattenti, anche i rifugiati fuggiti dalle loro case, che le forze kurde stanno
proteggendo. Infatti ad Abu Fas, a sud di Hasaka, i kurdi stanno raccogliendo i
rifugiati per smistarli nei campi.
Fonte Al-Jazeera
Credits Reuters
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