Si accende la guerra turca al popolo kurdo in Siria

NOTIZIE DAL ROJAVA
di Marco Marano


L’esercito turco intensifica gli attacchi alle postazioni militari del Rojava, mentre penetra sempre di più in Siria formando alleanze clandestine con le milizie qaediste.

Bologna, 26 ottobre 2017 – Ci avviamo verso la fase finale del conflitto siriano, con l’Isis ormai quasi del tutto sconfitta. Gli effetti della guerra per procura, condotta dagli stati che hanno occupato il territorio, Turchia, Russia, Iran e Usa, iniziano a prendere una nuova fisionomia.  La guerra al Rojava, il Kurdistan siriano, autoproclamatosi nel 2012 confederazione autonoma, da parte del sultano turco Erdogan, ha avuto un’impennata nell’ultima settimana. Gli attacchi, cominciati all’inizio di quest’anno, si sono susseguiti e nel giro di breve, presumibilmente, rappresenteranno il nuovo conflitto nel conflitto: la Turchia contro il popolo kurdo. 


La presenza dell’esercito turco in Siria era stata decisa durante la conferenza di Astana, insieme alla Russia e all’Iran, a “garanzia” delle zone di de-escalation, individuate in punti strategici di confine. Ma la Turchia sta penetrando sul territorio siriano fino ad Aleppo, dove sta ricostruendo una sorta di alleanza clandestina con le organizzazioni qaediste come Nour El-Din al-Zinki. Intanto sembra che non vi siano notizie certe sul leader del PKK Abdullah Öcalan, agli arresti dal 1999 e alle cui idee si ispira il modello democratico del Rojava. Considerato terrorista da Erdogan, come tutto il popolo del Kurdistan siriano, voci non confermate sulla sua morte hanno dato il via alle richieste della famiglia e dei suoi avvocati circa il suo isolamento, invocando la possibilità di poterlo incontrare.


Gli attacchi su Afrin e Kobane


I due cantoni del Rojava con i suoi villaggi più esposti agli attacchi turchi sono stati Afrin e Kobane. Tra il 16 ed il 26 ottobre sul Cantone di Afrin vi sono stati molteplici assalti dell’esercito turco, respinti dalle YPG kurde, le Unità di Protezione Popolare. Artiglieria, mortai, cannoni antiaerei hanno colpito i villaggi di Merien, Ayn Daqn e Basûfanê nella parte occidentale del cantone. Il 25 ottobre invece è stato il turno dei villaggi al confine est. Sono state esplose armi pesanti contro le YPG, le quali hanno risposto al fuoco senza perdite tra le proprie file. Il 24 ottobre veniva invece attaccato il cantone di Kobane. Le forze militari turche hanno aperto il fuoco sui villaggi a est e a ovest e due veicoli militari sono stati colpiti dalle forze kurde. Nel villaggio di Kosik, a 12 chilometri da Kobane, le armi turche hanno colpito varie case, producendo diversi danni materiali. Intorno alle 13,30 di martedì vi è stato l’assalto alle postazioni YPG nel villaggio di Aşmê, con quattro veicoli blindati scorpion. Dopo una pausa pomeridiana, gli scontri sono ripresi in serata, senza fare vittime.


L’occupazione del villaggio di Sheikh


Ma la strategia di penetrazione sul territorio siriano dell’esercito turco non si ferma alla guerra personale del sultano contro il Rojava,  poiché si è addentrato fino a 26 chilometri da Aleppo, tra le campagne a nord-ovest, nel villaggio di Sheikh Aqil. Qui ha ratificato un accordo con il gruppo jiadista vicino ad al-Qaeda e nemico di Assad Nour El-Din al-Zinki, che ormai da un paio d’anni ha il controllo del territorio. Il convoglio militare turco consisteva in “4 pick-up, 7 veicoli corazzati, 3 vetture che trasportano cibo, 3 serbatoi, oltre a 3 vetture caricate di carburante”. Il villaggio di Sheikh Aqil ha una posizione geografica strategica poiché è abitato esclusivamente da arabi e si trova su una collina da cui si possono scorgere i lati occidentale e nord-occidentale di Aleppo. Poi si trova a 3 chilometri dal primo villaggio del cantone di Afrin.

L’assassinio di un giovane al confine


Hayder al-Makhlouf era un giovane arabo di 29 anni. Lunedì scorso aveva deciso di entrare in Turchia dal confine kurdo, cioè quella striscia di terra che separa il Rojava dal cosiddetto Kurdistan Bakur. E’ così chiamata quell’area della Turchia del sud al confine con la Siria dove vi sono gli insediamenti kurdi, per questo più genericamente definito Kurdistan turco. E’ proprio quella l’area che negli ultimi due anni è stata soggetta, da parte del governo turco, ad un vero e proprio massacro, questo ancora prima del fallito golpe. Gli abitanti sono stati sistematicamente colpiti fin dentro le proprie case dalle armi turche, gli amministratori pubblici arrestati senza accuse formali. Una terra messa a ferro e fuoco poiché potenziale miccia esplosiva della causa per l’indipendenza kurda, tradizionalmente repressa dalla Turchia.

Il giovane si trovava a Serê Kanîyê, cantone di Jazera, nella parte centro-orientale del Rojava. Mentre cercava di varcare il confine è stato intercettato dai militari turchi e fermato. Dopo di ché il corpo senza vita di Hayder è stato "rigettato" in Rojava. La gente dei vicini villaggi ha portato il cadavere martoriato nell’ospedale di Serê Kanîyê. Qui i medici hanno riscontrato il decesso a causa dei colpi inferti alla testa: lo hanno ammazzato di botte. Ma non è la prima vittima del confine turco-siriano, con modalità simili: ci hanno rimesso la pelle decine di persone nel tentativo di passare in Turchia.


Che fine ha fatto Abdullah Öcalan


Sono giorni ormai che la voce non confermata della morte di Öcalan si sta propagando. Che le sue condizioni di salute fossero precarie questo si sapeva. Il leader kurdo è rinchiuso in una galera turca, sull'isola di Imrali, con l’accusa di essere un terrorista, in quanto a capo del PKK, il Partito dei lavoratori kurdi. Ha una condanna all’ergastolo, dato che il PKK, dalle autorità turche, è considerata una organizzazione terroristica. In realtà per i turchi chiunque sia kurdo è considerato tale, soprattutto se combatte per l’autonomia e l’autodeterminazione del proprio popolo. Fatto sta che le caratteristiche della sua detenzione sono molto rigide, poiché vive in permanente stato di isolamento. Né i suoi avvocati, né la sua famiglia possono vederlo. Per cui in queste ore si susseguono le paure che i problemi di salute si siano trasformati in decesso. Una situazione molto tesa per tutto il popolo kurdo che in Öcalan vede una sorta di padre della patria. Ecco perché dal cantone di Jazera del Rojava decine di membri dei consigli cantonali hanno accusato il governo turco di violare le convenzioni internazionali sui diritti umani: viola tutte le leggi del cielo e delle convenzioni internazionali”. Hanno chiesto a gran voce che la famiglia e il suo avvocato possano visitarlo per rendersi conto della situazione reale.

“…invitiamo la comunità internazionale e le organizzazioni dei diritti umani a esercitare il loro ruolo con pressioni sul governo di Erdogan a favore del leader Ocalan, che rappresenta oggi la volontà di milioni di popoli del mondo libero. Il mondo ha testimoniato la vittoria dei suoi sostenitori e il suo pensiero contro i terroristi che costituiscono una minaccia per la pace e li hanno sconfitti nella loro capitale (Raqqa ndr). Chiediamo anche alla sua famiglia e agli avvocati di visitarlo  e avviare negoziati per la sua liberazione. Non c'è pace e stabilità nella regione senza il rilascio del leader Ocalan e la soluzione del problema kurdo".



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