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BAHRAIN: IL GIOCO DELLE PARTI

 




foto PeaceReporter

Ormai è quasi un mese che in Piazza delle Perle, nel centro di Manama, stazionano centinaia di persone, in una sorta di sit-in permanente. "Non ce ne andremo da qui, almeno fino a quando non verranno accordate le riforme!" E' questa l'espressione più ricorrente che i manifestanti urlano a squarciagola. Ma gli scontri con le forze dell'ordine si sono succeduti in queste ore anche in altre parti della città: dal campus universitario al complesso del "Financial Harbour", nel distretto finanziario della città, considerato il principale simbolo della corruzione del regime. Negli ultimi due giorni vi sono stati gli scontri più duri da quando è stata innescata la protesta: una decina di morti, una sessantina di dispersi e centinaia di feriti, fino ad adesso.

La notizia del giorno è che alcuni paesi arabi, riuniti sotto la sigla, del "Consiglio di Cooperazione del Golfo", per smorzare gli animi protestatari sta inviando truppe e armi nel piccolo stato arabo. I paesi che fanno parte di questo organismo sono: Arabia Saudita, che ha già mandato mille soldati, Emirati Arabi Uniti, che dovrebbero inviare squadre di poliziotti, Kuwait, Qatar e Oman. L'opposizione ha nel frattempo dichiarato che la presenza militare straniera non può che essere considerata una vera e propria occupazione. Dal canto loro alcuni parlamentari hanno chiesto l'imposizione del coprifuoco e l'applicazione della legge marziale contro i manifestanti.

Ma come in ogni storia che si rispetti, anche in questa i retroscena caratterizzano un secolo di storia mediorientale, tra intrighi e lotte di potere dove l'occidente, e soprattutto gli Stati Uniti ne sono il perno. Certo, a leggerla approfonditamente la storia del Bahrain, può stimolare tante suggestioni, anche perchè è assolutamente legata alle storie degli altri paesi arabi. Partiamo dalla prima. Sullo sfondo c'è una lotta intrareligiosa che dura dalla morte del profeta Mohammed. Quando l'identità sunnita prende piede su quella sciita, questo significherà persecuzioni, martiri, guerre fratricide.


foto PeaceReporter

Nel 1782 il Bahrain, che fino a quel momento era un insediamento della Persia, con una rivolta in perfetto stile piratesco, si staccava dalla madre patria, e il controllo del paese passava nelle mani del clan sunnita al-Khalifa. Vennero quasi subito siglati accordi commerciali con la Gran Bretagna, in cambio di protezione contro la Persia. Solo nel 1971 venne concessa l'indipendenza, e subito lo Scià Reza Pahlavi si fece avanti per riprendersela. Il clan al-Khalifa, che nel frattempo era diventata una dinastia, questa volta chiese protezione agli Stati Uniti, che fecero del Bahrain il principale punto strategico di tutto il medioriente. Anche perchè nel 1979, con la presa del potere dello sciita ayatollah Khomeyni e della trasformazione della Persia in Iran, il Bahrain viene considerato da questa un proprio possedimento. Ecco che a tal punto gli Stati Uniti decidono di creare una vera e propria base logistica permanente, poiché l'Iran diventa un nemico dell'occidente, e lì si insedia la V Flotta della Marina militare, controllando lo stretto di Hormuz, anche perchè è necessario garantire la salvaguardia del venti per cento delle risorse petrolifere mondiali.

Da un lato vi sono le monarchie dinastiche sunnite che garantiscono gli affari all'occidente, dall'altro i regimi autocratici sciiti come Libano, Siria, Iraq e Iran, nel mezzo il Barhen dove una oligarchia sunnita comanda sul settanta per cento degli abitanti sciiti. Qui c'è infatti il primo paradosso. Perchè i sistemi autocratici sciiti non sono certo un esempio di democrazia e rispetto dei diritti umani, ma queste sono le richieste dell'opposizione sciita in Bahrain. Al tempo stesso però gli Stati Uniti, abbastanza silenziosi fino ad adesso, hanno chiesto formalmente al Bahrain di rispettare i diritti dei manifestanti. La domanda è: fino a che punto il gioco delle parti reggerà?




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