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IL CALVARIO D’UN POPOLO STREMATO




Foto Ansa
 

Raccontare una guerra come quella che affligge la Repubblica Democratica del Congo, non è cosa facile. In vent’anni ci sono stati cinque milioni di vittime ed eserciti di varie connotazioni che si sono susseguiti, tutti di matrice etnica.


In questa guerra non si capisce bene “chi sono i buoni e chi i cattivi”, anzi a dire il vero "sembra che ci siano solo cattivi". Da un lato c’è il Presidente Joseph Kabila, che nel 2001 ereditò il potere direttamente dal padre. egli  ha vinto le elezioni del 2011, grazie a evidenti  brogli, a sentire gli osservatori internazionali.
 

Foto Ansa
 

Il 23 marzo del 2009,  il governo firmava un accordo di pace con il “Congresso nazionale per la difesa del popolo”, che prevedeva l’ingresso nell’esercito regolare del suo braccio armato e la sua trasformazione in partito politico. L’accordo non fu rispettato.
 

Il 4 aprile di quest’anno, alcune centinaia di ex membri del Cndp si sono ammutinati e hanno dato vita all’M23, di etnia tutsi, i cui capi, Bosco Ntaganda e Thomas Lubanga, sono ricercati dalla Corte penale internazionale per  crimini di guerra. Sono essi hanno lanciato la sfida a Kabila.
 

L’azione dell’M23 si sviluppa attorno alla regione del nord Kivu, di cui Goma è il centro nevralgico. E' l'area al confine con Uganda e Ruanda, dove, dopo il genocidio degli hutu nel 94, i tutsi presero il potere. Ambedue i paesi confinanti sembrano appoggiare i ribelli, ma non ufficialmente.


Foto Reuters
 

Il nord Kivu è la zona dei laghi, ricca di risorse minerarie, ma lasciata in povertà dal governo di Kabila. Dagli anni del genocidio fu campo di battaglia. Goma divenne una sorta di Gomorra, fra traffici e gestione del territorio in stile mafioso. Chi controlla Goma controlla l’intero paese, dal punto di vista economico.


Mentre nei passati giorni si combatteva a Gaza, Goma veniva riconquistata dall’M23, i quali, come nel loro stile, usvano bambini soldato, giustiziavano sommariamente chi non voleva combattere, stupravano centinaia di donne e generavano l’ennesima fuga di migliaia di profughi.



Foto Reuters
 

Sia l’Uganda che il Runda si allineavano ufficialmente alla posizione dell’Unione Africana e delle organizzazioni internazionali, chiedendo ai ribelli il cessate il fuoco, e di arrestare l’avanzata verso Kinshasa,  senza contropartite. Per adesso così è stato, ma quando finirà il calvario di un popolo stremato?




 
 

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