La guerra in Mali, che ha scatenato la furia omicida di al Qaida in Algeria, non può che avere una duplice lettura. Da un lato c’è l’attacco dell’oltranzismo islamico con il tentativo di imporre la sharia sui territori maliani, infondendo atroci violenze alla popolazione, che ha accolto le truppe francesi con ovvio entusiasmo. Sullo sfondo però ci sono gli interessi francesi legati allo sfruttamento delle risorse naturali, prevalentemente oro e bauxite. Su questo aspetto è stata costruita la politica francese degli ultimi cinquant’anni, col graduale processo di decolonizzazione dei paesi africani.
Prima della seconda guerra mondiale l’impero coloniale francese in Africa si estendeva per 12 milioni e mezzo di chilometri quadrati, riunendo 18 paesi sotto il proprio controllo. Come scrive Carlo Caracciolo su Limes, il colonialismo francese si basava “sul principio dell’assimilazione. L’impero come estensione del territorio metropolitano, anche sotto il profilo amministrativo. Le classi dirigenti locali venivano (vengono) educate sui manuali e con le tecniche distillate nei laboratori del grandioso apparato statale centrato su Parigi e di lì irradiato nei dipartimenti, africani inclusi”.
Limes giugno 2012
Dal dopo guerra in poi le colonie conquistarono l’autonomia politica, ma la Francia mantenne la sua presenza attraverso una pratica chiamata “Françafrique”, cioè una vera e propria sfera d’influenza fondata sostanzialmente su due presupposti. Il primo era di carattere culturale legato al fatto che lo studio della lingua nelle scuole determinava la dimensione francofona, storicizzando una identità culturale.
Limes giugno 2012
Ma il secondo aspetto è quello più rilevante, e cioè che la salvaguardia degli interessi economici francesi è stata organizzata attorno allo sfruttamento delle risorse energetiche e minerarie dei paesi africani, di cui i territori sono ricchi. Il fatto è che la salvaguardia di questi interessi è stata costruita mantenendo e proteggendo al potere, nei singoli paesi africani, autocrati corrotti e spesso crudeli che hanno affamato le loro genti, mantenendole in povertà. Questo spesso allo scopo d’impedire che i popoli africani potessero democraticamente autodeterminarsi, utilizzando quelle risorse per il benessere locale. Parte della stampa francese ribattezzò questo approccio, in termini negativi, come “France-à-fric”.
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