Per chi ha
seguito le vicende vaticane nell’ultimo anno, l’abdicazione di Papa Ratzinger, non è stata poi così fulmine a ciel
sereno. Che all’interno della Città del Vaticano nessuno se lo aspettasse è una
cosa davvero poco credibile. Perché gli scandali che, a vario livello, hanno
coinvolto la chiesa cattolica, sono stati denunciati dai mezzi d’informazione attraverso
documenti, coperti dall’anonimato della fonte, inviati dai “corvi” interni all'apparato ecclesiale stesso.
Al di là dell’imputazione e della condanna dell'aiutante di camera del Papa
Paolo Gabriele, non è pensabile che egli agisse da solo, come è ragionevole
supporre che le mani che hanno fatto uscire fuori dal Vaticano documenti e informazioni fossero di alti prelati per
smascherare le trame oscure che dalla sua elezione hanno travolto Benedetto
XVI.
Foto AFP
Infatti il primo corvo dell’era Ratzinger risale a pochi mesi
dopo la sua elezione. Sulla rivista di geopolitica “Limes”, viene raccontato da
un cardinale, rimasto anonimo, il quale aveva partecipato al conclave, il modo attraverso cui era stato eletto
Benedetto XVI, e soprattutto il ruolo giocato dall’Opus Dei e dal Cardinale
Martini. La gola profonda cardinalizia svelò che per le prime tre votazioni il
cardinale Martini si pose in conflitto aperto con il futuro pontefice per fare
confluire i 40 voti da lui controllati nella quarta ed ultima votazione.
Questo sta a significare che all’indomani della morte di Wojtyla il sistema
gerarchico del Vaticano era molto frazionato, anche perché negli ultimi anni
del suo pontificato, Giovanni Paolo II, non
poteva oggettivamente governare. Questo vuoto aveva scatenato le fazioni
e le lotte per la gestione delle rendite di posizione.
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I grandi scandali iniziarono con i fatti legati alla pedofilia che sono
uscite fuori a più riprese e che Ratzinger cercò di condannare e sanzionare
alla luce del sole, riuscendovi solo in parte, questo perché, come alcuni
analisti suggeriscono, il cosiddetto universalismo cattolico tentenna
palesemente. Cioè a dire ormai in giro per il mondo esistono tante chiese
cattoliche che in un modo o nell’altro fanno quadrato intorno a se stesse.
Nel 2012 dalle rivelazioni a Gianluigi Nuzzi e al Fatto Quotidiano ne esce
fuori un quadro il cui fulcro può essere individuato nella lotta intestina tra il Papa e il Segretario di
Stato Tarcisio Bertone, che a quanto sembra ha accumulato tanto potere da non
essere conciliabile con gli equilibri interni. Uno scontro di potere che
coinvolge lo Ior, con la defenestrazione del suo Presidente Gotti Tedeschi, uomo
vicinissimo al Papa. Ma Bertone controlla il CdA che lo fa fuori.
Foto AP
E poi ci sono i tentativi di limitare la
libertà delle indagini che monsignor Carlo Maria Viganò stava svolgendo su episodi
di corruzione, furti e false fatturazioni che vedevano coinvolto il Direttore
dei Musei Vaticani. Viganò fu trasferito a Washington come nunzio. Dal caso del
San Raffaele di Milano all’intercessione con l’Eta per la fine della lotta
armata, per passare all’incarico da parte del Papa a cinque agenti segreti
vaticani, per capire chi erano i suoi nemici interni, si arriva forse
all’evento più inquietante quello del viaggio
a Pechino, nel novembre del 2011, del Cardinale Paolo Romeo, Arcivescovo di Palermo, il quale informa i vertici della Chiesa di un
complotto per uccidere Benedetto XVI entro un anno.
Se
il livello di intrighi e trame oscure va di pari passo con il declino del
pensiero cattolico nell’occidente, c’è anche un altro livello di osservazione
legato ad un fatto epocale come l’abdicazione del Papa, cioè la possibilità che
il nuovo Pontefice sia africano, proprio perché è lì che il cattolicesimo ha
una forte valenza per i popoli, ed è proprio lì che esistono guerre tra
cristiani e musulmani. Mai come oggi avrebbe un significato rigenerante per la
chiesa un Papa nero, e mai come in questo momento storico una scelta come
questa potrebbe assumere un significato di pace che la chiesa cattolica ha
ormai smarrito irrimediabilmente.
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