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DIMENSIONE BRASILE




 
Foto Ansa


Da dove cominciare per raccontare il Brasile di oggi? La domanda non è affatto sibillina, poiché questo paese, grande quasi come un continente, è considerato, insieme all’India, l’economia emergente del mondo contemporaneo, però come in India, gli indici finanziari non spiegano, le condizioni socio-economiche e culturali, di tipo terzomondista, in cui versano ampie fasce di popolazione, compresi i soggetti vulnerabili come i minori.

            Diciamo subito che negli ultimi dieci anni, cioè dall’insediamento di Lula al potere, il Brasile è molto cambiato e questo perché  più di venti milioni di persone, che vivevano sotto la soglia di povertà, sono riusciti a risalire su per la scala sociale, uscendo fuori dalla situazione di bisogno, mentre quasi la metà, almeno secondo l’Ocse, dei centonovanta milioni di brasiliani, oggi, appartengono alla classe media, nuovo baricentro sociale del paese.

            In Brasile esistono cinque classi sociali suddivise per lettere: A e B sono i ricchissimi, C e D rappresentano la classe media, E sono quelli al di sotto della soglia di sopravvivenza. Lula ha saputo valorizzare la produzione interna con l’aggancio a nuovi mercati, rafforzando il potere di acquisto, permettendo il passaggio dalla classe E alle classi C e D ad una fetta di popolazione. Infatti, quando la domanda estera è calata a causa della crisi internazionale il Brasile ha retto il colpo grazie alla crescente capacità di spesa interna.

            Se nuovi mercati esteri e investimenti dall’estero hanno reso il Brasile una economia dinamica ed emergente, e la capacità di spesa dei brasiliani è aumentata, ma allora perché nell’estate del 2013 centinaia di migliaia di brasiliani hanno protestato per le strade delle città dove si giocava la confederation cup? Perché lo sviluppo della nazione brasiliana in realtà non è così lineare...

            C’è la storia del sistema creditizio, ad esempio, che ha inguaiato migliaia di famiglie, poiché negli anni dell’espansione economica le banche hanno concesso crediti senza che queste avessero la capacità di farne fronte, ed infatti, poi, non hanno potuto corrispondere al prestito e si sono indebitate fino a raggiungere l’abisso.

            Poi c’è la storia dei senza terra che va avanti da più di vent’anni, con una riforma agraria che lo stesso Lula non è riuscito a portare avanti poiché la lobby dei “fazenderos” è così potente che questa riforma, che dovrebbe ridistribuire le terre ai lavoratori, potrebbe realmente risolvere il problema della povertà assoluta in Brasile una volta per tutte. Anche perché è dagli anni settanta che dalle campagne c'è l'esodo verso le favelas delle metropoli o megalopoli brasiliane, importando forza lavoro senza nessun tipo di scolarizzazione né competenze: sono eserciti di disperati, che, come è fisiologico, vengono intercettati dalle organizzazioni criminali.

            E qui siamo al punto più dolente, forse, perché sul tema delle favelas la presidenza Lula è mancata all’appuntamento con la storia. Questo perché si è deciso di intervenire solo perché nel giro di due anni in Brasile si terranno i campionati del mondo e le olimpiadi; la necessità indotta da questi due eventi è stata quella non di fare un piano nazionale di risanamento sociale ed economico delle favelas, garantendo vita dignitosa per tutti, ma di “pacificarle”…

Questo significa che è stato creato un corpo speciale dell’esercito per affiancare la polizia, che ha “ripulito” le maggiori favelas di Rio e San Paolo dai clan di narcotrafficanti, per garantire lo svolgimento dei due mega eventi. Forse se Lula dieci anni fa avesse programmato una pacificazione legata all’ordine pubblico ma anche al risanamento socio economico delle favelas tutto sarebbe diverso. Anche perché le guerre innescate per la pacificazione sono soltanto uno dei pezzi di veri e propri conflitti urbani, in un paese in cui vi è una media di un omicidio ogni nove minuti. E che dire della pratica del turismo sessuale o dell’abuso sui minori, garantito da reti locali, tra cui anche familiari, e i nuovi conquistadores che vengono dall’Europa... 

Ma l’elemento che immobilizza di più il paese e che ha fatto scendere in piazza i brasiliani è sicuramente la corruzione pubblica.  E’ questa la dimensione più drammatica, da un certo punto di vista, poiché qualsiasi operatore di un ufficio pubblico, grazie ad un sistema burocratico ottocentesco, esercita un potere di ricatto sui cittadini, che devono subirlo inermi, poiché non hanno nessuno strumento di liberazione da questo sistema mafioso di gestione della cosa pubblica. Ecco che se un cittadino brasiliano chiede un passaporto agli uffici comunali di una qualsiasi città, dovrà attendere tempi lunghissimi ed una trafila da far paura, per ottenere quel documento, a meno che non passi una tangente dall’operatore di turno che in un attimo risolve la pratica. Per cui quando occorre rivolgersi ad un ente pubblico, il cittadino stesso mette nel conto quanto quella pratica gli costerà per ottenerla informalmente.

Ma la corruzione pubblica non riguarda solo il sistema burocratico ma anche le forze dell’ordine, che a vario livello diventano portatori di illegalità… Una delle ultime e più macroscopiche vicende è legata alla polizia di San Paolo. Nel 2012 vi è stata una recrudescenza nella guerra tra narcos e forze dell’ordine con più di mille vittime, tra cui moltissimi minorenni. L’aspetto più particolare sta nel fatto che i proventi della droga fanno gola ad una fantomatica organizzazione di ex agenti di polizia, che sottraggono profitti ai narcos, diventando parte in causa nello scontro armato.

 

 

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