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DAL MEDIO ORIENTE ALL'EUROPA
PASSANDO PER LA TURCHIA


Un altro ospedale di Medici Senza Frontiere bombardato, questa volta in Yemen, mentre il Washington Post rivela che gli Stati Uniti starebbero per inviare truppe di terra in Siria, ai cui rifugiati, che scappano per salvarsi la vita, l'Austria cercherà di rendere difficile l'accesso in Europa, che data la situazione, saranno, presumibilmente reindirizzati in Turchia, a cui la Commissione Europea chiede supporto, proprio quando il sultano/presidente Erdogan viene accusato da Freedom House di perseguitare i giornali di opposizione, in vista delle elezioni di novembre.
 
By Marco Marano
 
 
 
Sa'da è una cittadina yemenita del nord-est, quasi al confine con l'Arabia Saudita, che conta circa sessantamila abitanti. E' lì che era posizionato un ospedale di Medici Senza Frontiere, distrutto, dopo quello in Afganistan di qualche settimana fa, questa volta dalle bombe saudite. Dopo il primo bombardamento il personale è riuscito ad evacuare la struttura, e questo è servito a salvare la vita ai pazienti. In seguito ad altri cinque bombardamenti l'edificio è stato raso al suolo, provocando sette feriti. L'ospedale serviva un'area di circa 200 mila persone, che in un momento di guerra così accesa, provocherà una ennesima crisi umanitaria.
 
 
Secondo il portavoce di MSF Hassan Boucenine, intervistato da Al-Jazeera, l'attacco è stato intenzionale: "Appena due settimane fa avevamo fornito le coordinate della struttura alla coalizione saudita... Non c'è alcuna ragione di colpire un ospedale, questo è un crimine di guerra..." Mentre il Segretario dell'ONU condanna il raid arabo, Amnesty International chiede una inchiesta internazionale, in un paese dove il conflitto bellico si fa ogni giorno che passa sempre più cruento.
Un conflitto, come quello siriano, di tipo regionale, per questo assai complesso da interpretare agli occhi dell'occidente, che infatti lo ignora. Da un lato c'è il governo provvisorio sunnita, supportato dall'Arabia Saudita, sostenitore del Presidente dimissionario Abd Rabbo Mansur Hadi, defenestrato dai ribelli Houthi, sciiti, che grazie all'Iran hanno preso possesso di ampie parti del paese, appoggiati dalla vecchia nomenclatura dell'ex presidente Ali Abdallah Saleh, sciita anch'esso, di cui però Mansur Hadi era stato vice presidente negli anni novanta. Tutto questo in un paese dove sulle tribù si fonda l'intero sistema sociale.
 
 
 
 
 
 
Da una inchiesta del Washington Post si afferma che il governo statunitense starebbe valutando l'ipotesi di inviare truppe di terra in Siria. Le fonti del giornale, che diede vita allo scandalo Watergate, sono direttamente collegabili ai consiglieri della sicurezza nazionale, che trovandosi a constatare la situazione di stallo del conflitto, starebbero facendo pressione nei confronti del presidente Obama, affinché cambi strategia. E' presumibile pensare che questo cambio di strategia possa essere anche dovuto al ruolo giocato dalla Russia in favore del dittatore Assad.
 
Certo è che dalla Siria continuano gli esodi della gente che fugge per salvarsi la vita. Così arriva la risposta dell'Austria, in seguito al vertice di Bruxelles dei paesi interessati alla rotta balcanica, che annuncia di predisporre un sistema di controlli alla frontiera, finalizzato a rallentare il flusso migratorio. La dichiarazione ad Euronews del Ministro dell'Interno austriaca Johanna Mikl-Leitner è davvero significativa: "Non costruiremo di certo un muro dall’Ungheria fino alla Slovenia e all’Austria. È un’utopia realizzare una barriera di 700 chilometri. Ma dobbiamo essere pronti, da ogni parte dei passaggi di frontiera, e stiamo pianificando la costruzione di strutture che possano garantire un accesso controllato".
 

 
 
 
 
Resta il fatto che questa gente che scappa dalla guerra siriana è diventata un peso imbarazzante per la Commissione Europea, per cui l'attivazione dell'accordo raggiunto dalla Merkel per coinvolgere la Turchia, sulla creazione di una zona cuscinetto nel nord del paese, finalizzata a non far passare i rifugiati in Europa, diventa impellente. In tal senso non possiamo esimerci dal riportare un'affermazione del Presidente della Commissione Junker, anch'essa estremamente significativa: "Che piaccia o meno dobbiamo cooperare con la Turchia... Esistono questioni irrisolte sui diritti umani e la libertà di stampa... E' necessario muoversi rapidamente perché Ankara è d'accordo affinché i profughi restino in Turchia".
 
Che piaccia o no, dunque, inglobare nell'Unione Europea un paese il cui leader non rispetta i diritti umani e la libertà di stampa si può, basta che risolva la grana dell'esodo dei rifugiati. E questa affermazione arriva a poche ore dall'uscita di un rapporto sulla Turchia di Freedom House, un'organizzazione di controllo indipendente che sostiene il cambiamento democratico e monitora lo stato della libertà in tutto il mondo.
 
Praticamente, a pochi giorni dalle elezioni politiche in Turchia, il presidente sultano Erdogan ha sottoposto in amministrazione controllata una holding, Koza Ipek, che controlla un gruppo editoriale, composto sia da giornali che da emittenti televisive, critici nei confronti dell'AKP, il partito del sultano. Tra questi vi sono alcune testate, direttamente accusate di foraggiare le proteste di piazza, connotate in termini di “promozione del terrore”... Ma la principale accusa è mossa soprattutto rispetto all'ipotetico sostegno nei confronti di Fethullah Gülen, un predicatore islamico, prima sostenitore dello stesso Erdogan poi oppositore, e ovviamente diventato leader di una organizzazione terroristica. Non c'è bisogno di dire che le istituzioni europee, subito dopo le affermazioni sul “che piaccia o no” di Junker, hanno stigmatizzato la situazione che si sta vivendo in Turchia, sull'attacco alla libertà di stampa...
 
 
 
 
 
 
Foto credit MSF e ANSA
 
 

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