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La relazione annuale della Direzione Nazionale
Antimafia spiega come senza il controllo militare del territorio sia
stato possibile alla 'ndrangheta impossessarsi dell'Emilia Romagna.
By Marco Marano
Chi l'avrebbe detto che un esempio di buon governo e
di sviluppo virtuoso del territorio come l'Emilia Romagna, si fosse
antropologicamente trasformata in terra di mafia. A prima vista
sembra inspiegabile, soprattutto agli occhi di chi nelle terre
controllate dagli eserciti mafiosi c'è nato, ma a leggere l'analisi
della Direzione Nazionale Antimafia, alla fin fine è tutto molto
lineare...
"In tale direzione vi sono stati importanti
risultati investigativi e processuali, che hanno disvelato il
fenomeno criminale presente da anni ed operativo in molte zone del
territorio, con una 'ndrangheta insinuata in tutti i settori della
vita economica e sociale, con una gestione del potere attraverso una
fitta rete di relazioni con rappresentanti del mondo istituzionale,
delle professioni e dell’imprenditoria, (rete) in grado di
soddisfare molteplici interessi, in primis quelli di natura
economica".
Non c'è stato bisogno di militarizzare il
territorio perchè l'ingordigia della borghesia emiliano-romagnola,
tesa alla capitalizzazione di risorse economiche, ha fatto si che i
clan ndranghetisti diventassero il collante economico degli affari,
al di sopra delle regole.
"L’immissione nel circuito legale di denaro
di provenienza illecita, il radicamento nel territorio di
rappresentanti del sodalizio in giacca e cravatta e dotati di
competenze professionali e manageriali, il sostegno di una parte
della stampa locale, il colpevole silenzio delle istituzioni,
preoccupate dalle conseguenze derivanti dalla diffusione di notizie
sulle presenze mafiose nei territori amministrati, la forza di
intimidazione propria del gruppo operante in Emilia, hanno
determinato una vera e propria trasformazione sociale, e del tessuto
economico ed imprenditoriale."
La storia inizia gia nella metà degli anni ottanta,
quando le famiglie cutresi iniziarono ad insediarsi nell'area
metropolitana di Reggio Emilia, per avere una impennata alla fine
degli anni novanta, quando l'allora sindaco modificò il piano
regolatore, dando il via ad una speculazione edilizia senza
precedenti. Una impennata che diede la possibilità al clan Gande
Aracri di Cutro di investire ingenti capitali di provenienza illecita
nella costruzione di appartamenti. Un fenomeno questo che ha portato
ad una quantità enorme di immobili invenduti nel momento in cui, dal
2008 in poi, la crisi economica ha investito il paese.
E l'indagine Aemilia, da poco avviata a processo, ha
"scoperchiato" proprio questo sistema di stupro del
territorio, grazie alla colpevole interazione trasversale di quella
che un tempo poteva essere definita la società attiva della regione.
I numeri in breve parlano da sole: 117 ordinanze di custodia
cautelare e ad un processo in corso con oltre 200 imputati, tra rito
abbreviato e ordinario."Non è un caso che all’elevato numero
delle attività criminali riconducibili alla ‘Ndrangheta”, così
come ricostruito nelle indagini e nelle sentenze, non ne corrisponda
uno altrettanto apprezzabile di denunce da parte delle vittime".
Omertà, silenzi, connivenze, tutti gli elementi più
caratterizzanti della cultura mafiosa in Emilia Romagna hanno trovato
nuove sponde e nuove rigenerazioni, e la storia di Bresciello, il
mitico paese di Peppone e Don Camillo, ne è la fotografia più
caratterizzante. "Un vero e proprio inquinamento della società
civile, del mondo economico e politico di quelle terre fino a
condizionarne le elezioni, seppure nei piccoli comuni, dove la
presenza calabrese riesce ad ottimizzare i suoi voti".
A Bresciello il dieci per cento della popolazione
proviene proprio dal comune calabrese di Cutro, tra cui il boss
Francesco Grande Aracri, condannato in via definitiva per
associazione a delinquere di stampo mafioso, e fratello di Nicolino,
il boss dei boss... Lì la famiglia aveva costituito il suo quartier
generale, tanto da determinare le dinamiche stesse del sistema
politico locale. Infatti la contiguità tra l'amministrazione
comunale, guidata dal sindaco Marcello Coffrini e la cosca ha
generato la nascita di una commissione prefittizia che si è
insediata nel paesino narrato negli anni cinquanta nei film degli
eroi di Guareschi.
La straordinaria assimilazione culturale, anche nel
linguaggio, di questa borghesia mafiosa del nord, con i caratteri
della cultura mafiosa meridionale, è davvero sconcertante se si va a
guardare come il sindaco sia stato smascherato nella sua contiguità
al clan. Intervistato dalla webtv Cortocircuito, costui dichiarava
che il boss condannato Francesco Grande Aracri era "una persona
normalissima, gentile, che saluta per strada quando lo si incontra",
un uomo educato insomma... Una volta sputtanatosi il sindaco non potè
fare altro che dare le dimissioni, ma il paese intero lo difese... In
quei giorni ai giornalisti, che intervistavano la gente per le strade
di Bresciello, veniva risposto pressappoco: "ma che mafia e
mafia... qui non ce n'è mafia... la mafia è a Roma..." Se
qualcuno dovesse andare su youtube a cercare i reportage fatti negli
anni settanta del giornalista Pippo Fava, ucciso dal clan Santapaola,
per le strade dei paesini mafiosi dell'entroterra siciliano, sentirà
le stesse risposte, ma con una inflessione dialettale diversa...
E che dire di Don Evandro Gherardi, il parroco di
Bresciello, anche lui estrenuo difensore del sindaco, contro delle
male lingue che infangano il suo paese. Attenzione, questo parroco lo
ritroviamo come Presidente dell'Istituto Diocesano per il
Sostentamento del Clero, l'ente che eroga gli stipendi dei prelati,
ad emanazione territoriale, direttamente dipendente della Conferenza
Episcopale Italiana, che non dipende dunque dal Vescovo di
riferimento. Ecco, questo ente è proprietario di vari immobili nel
reggiano, tra cui l'ex magazzino formaggi, situato nell'area nord di
Reggio Emilia, quella negli anni passati non interessata alla
speculazione edilizia degli appartamenti.
Due anni fa questo stabile abbandonato veniva
occupato da una rete di attivisti, per dare riparo a dei rifugiati
usciti fuori dal programma Emergenza Nord Africa, messi a dormire
all'agghiaccio. Lì veniva fondata una ciclofficina che sta
contribuendo a ridare cittadinanza e dignità a dei ragazzi a cui è
stata strappata sia l'una che l'altra. Bene, il parroco di Bresciello
a fine gennaio si presentava con i vigili urbani nell'edificio,
minacciando lo sgombero, poiché quell'attività veniva considerata
"clandestina", e comunque a lui serviva lo stabile poichè
quel terreno dov'è situato è troppo importante...
In
realtà, in quella zona si sta velocemente sviluppando una nuova
urbanizzazione non più legata agli appartamenti ma ai servizi, con
lo sviluppo della stazione Mediopadana, per l'alta velocità...
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