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Smascherata una rete globale del male: trasportavano migranti come animali

Una ventina di arresti e trentaquattro ordinanze di custodia cautelare per  persone di varie di nazionalità

by Marco Marano

Bologna, 31 gennaio 2017 - Dopo quasi due anni di indagini, svolte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, e condotte dalla squadra mobile, che hanno interessato diverse provincie italiane fino alla frontiera di Ventimiglia, con una maxi operazione è stata sgominata una sorta di rete internazionale, che aveva il suo punto di snodo in Lombardia, dedita al traffico umano, la quale attraverso viaggi della speranza dagli approdi del sud, trasportava i migranti in condizioni inumane per oltrepassare i confini nazionali.

Stipati in un furgone

Le parole del procuratore aggiunto di Milano sono inequivocabili: “Abbiamo aperto uno di questi furgoni intercettati, chiusi con il lucchetto, e visto quaranta persone che pur di avere una speranza di libertà erano ammassate e supine. Questo deve farci sentire tutti responsabili di ciò che succede”. A Ventimiglia stipati in un furgone ne hanno trovati una quarantina, avevano difficoltà respiratorie, erano stanchi, spaventati e afflitti, dopo quel viaggio lungo e interminabile per oltrepassare il confine italiano. Per non parlare di tutti i soldi spesi per affrontare il viaggio: dai 500 ai mille euro, per non parlare del denaro speso per muoversi dai loro paesi d’origine.

I connazionali come aguzzini

La cosa che più colpisce di questa storia, che è poi la storia di tutti i viaggi della speranza, è che sono proprio i connazionali di chi scappa ad approfittarsi della disperazione di coloro che auspicano una vita senza guerre né sopraffazioni in patria. Sempre Ida Bocassini: “Sapevano che c’erano sbarchi di carne da macello pronta a fare qualsiasi cosa per raggiungere il nord Europa. È come andare al supermercato a prendere la verdura, o pescare le trote in uno stagno predisposto. Dove c’è miseria si inserisce il business del crimine. È sintomatico che ci siano persone che provengono da luoghi di sofferenza e che per interesse e guadagnare soldi sono disposte ad essere cattive con altri, pur sapendo loro stessi cosa significa andare via dall’Afghanistan, dalla Siria e dal Sudan”.

Una rete di passeur casuali

I vertici dell’organizzazione erano egiziani, afghani, albanesi, sudanesi e tunisini, ma sono scattate le manette anche per tre italiani. La rete era ben organizzata poiché attraverso i contatti in Libia sapevano in tempo reale quando e dove i barconi sarebbero arrivati. Quindi al costo di 80 euro, in treno, li facevano arrivare a Milano e da lì contrattando il prezzo verso il confine, dentro bauli di automobili e furgoni con targa italiana o francese: stipati, piegati, supini, sdraiati, senza aria. I vertici dell’organizzazione potevano contare su una fitta rete di collaboratori anche casuali, assoldati per fare uno o due viaggi e poi scomparire. Proprio per questo gli inquirenti hanno scoperto che nei 60 viaggi organizzati i cosiddetti “passeur” erano molto più numerosi degli stessi trafficanti.


Fonti Ansa, stampa.it, agenpress.it




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