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Il nuovo olocausto e le leggi razziali di Minniti


di Marco Marano

Dietro la fascistizzazione delle politiche migratorie vi è l’obiettivo di intervenire sugli effetti e non sulle cause delle fughe dalle persecuzioni.

  
Bologna, 7 agosto 2017 - Chi l’avrebbe mai detto che dietro le denuncie contro le ONG che salvano i migranti nel Mediterraneo vi è una organizzazione internazionale fascista. In realtà questa è la più pertinente chiave di lettura rispetto a ciò che concerne il disastro politico e sociale determinato dalle leggi e ordinanze di tipo razziale del ministro Minniti, basate sui respingimenti e sulla militarizzazione del mare contro i rifugiati.


Si chiama Imi Security Service l’agenzia militare privata che in incognito è riuscita a piazzare due contractors su una nave di Save The Children, i quali hanno dato vita all’inchiesta sulla Iuventa. Questa organizzazione è collegata ai fascisti di Generazione identitaria, i quali hanno avviato una campagna, Defend Europe, finalizzata ad ostacolare i soccorsi sul Mediterraneo, attraverso il noleggio di navi, come la C-Star.


Leggi e ordinanze di tipo razziale del governo italiano diventano oggetti surreali di una realtà manipolata ad ogni passaggio. Come ad esempio quella sull'obbligo di polizia armata nelle navi delle ONG. Anche perché, come spiegato da Medici Senza Frontiere, tutte le azioni compiute sulle loro navi rispondono a protocolli strutturati con la Guardia costiera italiana, che fa un lavoro egregio in mare. Impedire a MSF di intervenire, dunque, neanche si potrebbe... Il paradosso è che si continuano ad aprire fascicoli su ipotetiche illegalità che la ONG, presente in settantacinque paesi, non ha mai commesso, proprio in funzione di quei protocolli firmati e conclamati: sembra proprio una forma di intimidazione.


In sostanza, la sconcertante fase storica che stiamo attraversando ci sta portando velocemente verso la legittimazione della cultura fascista come retroterra su cui costruire le politiche razziste e xenofobe del governo italiano. 


Attenzione però, al di là delle sconcertanti dichiarazioni sulla razza della dirigente del PD Prestipino o la vergognosa azione della sindaca di Codigoro, Alice Zanardi, con la minaccia di sovra tassare chi ospita i rifugiati o ancora il pugno di ferro di Renzi scippato a Salvini e Grillo, non necessariamente vi è dentro il PD una trasformazione antropologica. E’ semplicemente trasformismo, tipica patologia del sistema politico italiano a partire dall’avvento della destra storica nel 1870. Se nelle campagne elettorali il partito democratico demonizza il populismo e la destra xenofoba, poi quando si tratta di governare usa linguaggi e prassi tipiche della destra fascista.


Ma quali sono queste prassi? Il gioco è molto semplice, cioè tenere la barra dritta verso un obiettivo che nulla ha a che vedere con i migranti o i rifugiati o ancora con gli sbarchi oppure le Ong. Il vero obiettivo del governo italiano è quello di competere, prevalentemente con la Francia e gli altri paesi in pole position, per posizionarsi in Libia sull’accaparramento delle risorse petrolifere. Così anziché intervenire sulle cause di un fenomeno epocale lo si fa sugli effetti. Come? Innanzitutto trasformando un fenomeno epocale in emergenziale. In secondo luogo intervenendo sulle Ong e non sulla guardia costiera libica, i veri partner dei trafficanti, in quel triangolo maledetto con il terzo convitato rappresentato dai carcerieri dei lager libici, luoghi in cui i rifugiati subiscono le peggiori sevizie e torture, per poi essere venduti ai trafficanti attraverso la mediazione della guardia costiera: così ci guadagnano tutti


In tal contesto gli slogan diventano davvero stonati: “Aiutiamoli a casa loro”. Uno slogan che non ha nessun significato, poiché la gente che scappa dal proprio paese lo fa a causa di guerre, violenze, persecuzioni e non per cercare un lavoro… Altro elemento di effetto e non di causa: parlare di migranti clandestini confondendo quelli economici da chi ha diritto alla protezione internazionale. Il punto è che i dittatori da cui scappano i rifugiati, come specificatamente nel caso di Eritrea ed Etiopia, ricevono costantemente denaro e supporto politico dall’Italia… Quindi “Aiutiamoli a casa loro” si traduce in “Aiutiamoli a morire a casa loro”, o nel migliore dei casi: “Aiutiamoli a subire violenze a casa loro…”


Allo stesso modo, in Libia. Diventa interessante la dichiarazione dell’ambasciatore italiano a Tripoli Perrone a proposito dell’intervento militare in corso: «Da parte di Roma non c’è ingerenza militare, ma solo sostegno logistico e tecnico alle forze della Marina libica per permetterle di lavorare contro l’immigrazione illegale». 

Tutto ciò si evolve in un contesto in cui il leader del governo di Tripoli al-Sarraj non controlla neanche un pezzo della città, non ha un vero esercito se non un manipolo di uomini dediti alla sua sicurezza. Poi c’è il generale Haftar a capo del governo di Tobruk, lui si che dispone di un esercito, che certo non può competere con quello italiano anche se la minaccia resta. Infine ci sono le centinaia di tribù tra il confine con il Niger e il nord, che governano i loro territori in autonomia sia rispetto a Tripoli che a Tobruk…

Il risvolto più inquietante è che la vicenda libica legata agli sbarchi potrebbe essere risolta in un lampo se venissero aperte vie legali, cioè i corridoi umanitari, per l’accoglienza ai rifugiati, che ne hanno diritto in funzione dei trattati internazionali, e nel caso italiano, in funzione dell’articolo 10 della Costituzione. Niente più trafficanti, niente più morti in mare… 

Ma nulla di tutto questo sarà mai applicato se no scomparirebbero partiti, chiuderebbero giornali e trasmissioni televisive. La fascistizzazione delle politiche migratorie paga in termini di consenso e smista l’attenzione dagli interessi economici... E tragicamente il popolo italiano ne rimane intrappolato...





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